È ormai diventato inopportuno spendere parole sulla triste storia di una persona, massacrata per due volte ed in due modi diversi dalla cronaca, che per questo motivo Cassandra eviterà anche di nominare.
Ma visto il cacofonico coro di voci che in quest’occasione si è fatto sentire senza interruzione, Cassandra è obbligata a fare il controcanto senza mezzi termini, a costo di essere brutale. Magari i suoi 24 lettori non ne saranno annoiati, anche se sono i soliti argomenti. Non bisogna stancarsi di ripeterli.
Primo, il “cyberbullismo” non esiste.
Nei paesi “normali”, se una persona commette un reato verso un’altra la si persegue civilmente o penalmente, con le leggi che esistono. Non si invocano morali, non si creano miti, non si avviano crociate, non si chiedono leggi speciali, ma soprattutto non si generalizza stupidamente la questione. Con la generalizzazione si dimostra tutto ed il contrario di tutto.
Non so a voi ma a scuola, tanti anni fa, anche a Cassandra è capitato di subire cose che allora si chiamavano in modo più semplice, ma ora si chiamerebbero atti di bullismo. Né gli insegnanti né i compagni né la legge né i genitori l’hanno difesa o aiutata. Per fortuna ora sono solo uno spiacevole ricordo.
Non ha nessuna importanza che ora ci sia una nuova parola, “bullismo”, per definire una cosa che è evidentemente solo un atto di sopraffazione, un reato minorile o un reato normale, amplificato dall’indifferenza di chi vi assiste. Non ha neppure importanza che in quest’orgia di neologismi con il “cyber” davanti, qualcuno abbia inventato la parola “cyberbullismo”.
È bullismo e basta, dovunque avvenga, chiunque lo faccia, anche tramite la Rete.
Altrimenti diventerà necessario introdurre lo “scuolabullismo”, visto che la maggior parte degli atti di bullismo avvengono proprio nella scuola. Conseguentemente dovranno essere introdotte leggi scolastiche speciali, tribunali scolastici speciali, e nei casi più gravi sarà necessario inviare l’esercito, con blindati e fucili d’assalto per pattugliare i corridoi (e soprattutto i bagni) durante la ricreazione.
Suona stupido, vero? Suona stupido perché è stupido.
È stupido pensare di mandare l’esercito a scuola per frenare lo “scuolabullismo”.
Ci sono gli insegnanti che hanno il dovere di educare ed anche controllare, spiegando che picchiare o perseguitare un compagno è male, e stare a vedere mentre qualcun altro lo fa è peggio.
Per lo stesso motivo è altrettanto stupido pensare di colpire la Rete per contrastare il bullismo che avviene in Rete.
Secondo, per contrastare il bullismo in Rete, ed altri pericoli ben più gravi, assai più efficace sarebbe combattere l’analfabetismo scolastico. Analfabetismo informatico, ovviamente, sia degli insegnanti che degli allievi.
Giornalisti, opinionisti e legislatori dovrebbero essere soggetti ad un TEI obbligatorio, un “Trattamento Educativo sull’Informatica”, prima di poter esercitare le proprie funzioni, o anche solo aprire bocca.
Ormai è storia: la famosa, anzi famigerata terza “I” di Internet nelle scuole si è tradotta in qualche pc comprato già vecchio e spesso spento, qualche ora di utilizzo di software commerciali e di esposizione di nozioni di informatica banali. Il tutto fatto da insegnanti spesso poco preparati e motivati, sulla base di programmi scolastici insignificanti, ad allievi ovviamente poco interessati.
Perché? Perché ormai i “computer” che espongono a rischi sono nel telefonini, nell’Internet delle Cose e nella Rete, non sui tavolini.
Per contrastare l’analfabetismo informatico ci vogliono lezioni sulla storia della Rete, sui comportamenti sicuri, sulle dinamiche delle comunità sociali, sulle leggi applicabili ai reati commessi in Rete, sui problemi della transnazionalità della Rete.
Che Cassandra ricordi, solo una voce di ragionevolezza si è staccata, due anni fa, dal cacofonico coro degli indignati nemici della Rete che in questi giorni ci assorda: quella del Garante della Privacy. Due anni fa infatti il Garante, con un’iniziativa che non ha certo cambiato il mondo, ma che ha rappresentato un lodevole tentativo di aiutare i giovanissimi entrando nel merito della questione, ha pubblicato sia su carta che in Rete un vademecum , che conteneva alcune semplici spiegazioni dei problemi di privacy e sicurezza in Rete. Qualche semplice parola di ragionevolezza, una microscopica frazione di denaro pubblico speso nella direzione giusta. Niente morali, niente grida, niente indignazione. Un lodevole caso, ahimè praticamente unico, di intervento educativo.
Terzo, opportunismo. Il problema più grave, quello che a Cassandra fa davvero paura.
Opportunismo di chi? Della maggior parte delle istituzioni, delle lobby e dei poteri economici. Di tutti coloro che vedono nella libertà e nelle infinite possibilità della Rete sia un nemico da combattere che uno strumento da piegare ai propri fini.
Libertà di espressione, libera circolazione della cultura, economia del dono e del software libero sono i nemici da combattere: intaccano l’economia, rovinano le menti, minano i fondamenti della civiltà occidentale, favoriscono i terroristi.
Il tecnocontrollo sociale, il contrasto alla libera circolazione della cultura, la salvaguardia di obsolete ma enormi rendite di posizione legate alla cosiddetta “Proprietà Intellettuale” sono invece i fini da perseguire. Stabilità, sicurezza, benessere ne scaturiranno a fiumi.
Di questo dovrebbero parlare i “coristi indignati” di questi giorni, quelli che sono in buona fede ovviamente.
Di questo dovrebbero occuparsi genitori, educatori e legislatori.
Di questo dovrebbero preoccuparsi i giovani e meno giovani cittadini della Rete.
Marco Calamari
Lo Slog (Static Blog) di Marco Calamari
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