Black Mirror (Specchio Oscuro) è il nome di una miniserie inglese di telefilm, simile alla mitica Twilight Zone (Ai confini della realtà) degli anni ’60 in cui tutti ci siamo imbattuti prima o poi, e che alcuni come Cassandra hanno goduto interamente ben 156 volte, tante quanto sono gli episodi della serie originale.
L’episodio ” Time Enough at Last ” (Tempo per leggere), visto a 7 anni, mi fa rabbrividire ancora adesso ( qui su YouTube). Storia a parte, l’attore Burgess Meredith e la voce narrante dell’edizione italiana Emilio Cigoli hanno contribuito non poco a renderlo indimenticabile.
Anche Black Mirror è una serie di episodi eterogenei tra loro (solo 6 in tutto per ora), che ugualmente navigano nel pericoloso ma fecondo triangolo fantascienza-horror-satira.
Cassandra non ha deciso di rubare il mestiere ad altre penne di Punto Informatico: rischia di lasciare perplessi i suoi imprescindibili 24 lettori solo per introdurre la storia del quarto episodio di Black Mirror (il primo della seconda stagione) ” Be right back ” (Torna indietro), in cui ha colto, con un certo turbamento ma anche notevole interesse “professionale”, un improvviso squarcio di visionaria preveggenza.
Per non guastare il piacere a chi vorrà e potrà vedersi l’episodio, limiteremo al massimo il racconto: il baricentro della sceneggiatura è una nuova comunità sociale (ovviamente gratuita) che offre (ovviamente in via sperimentale) un servizio decisamente originale.
Chi si iscrive può creare il simulacro “social” di una particolare persona tramite un sistema automatico che cerca le informazioni in giro per la Rete, produce prima un simulacro chattante, che poi evolve in un simulacro vocale che parla al telefono, infine in un simulacro fisico ed animato.
La protagonista acquista infatti un corpo indifferenziato per posta e lo fa “configurare” dalla comunità sociale.
Tutto il processo è gestito e controllato dalla comunità sociale stessa.
Non si tratta della solita storia alla Frankenstein o dell’ennesima rivisitazione dei “Baccelloni spaziali” de ” L’invasione degli Ultracorpi “. Il simulacro è invece totalmente passivo, compiacente ed ubbidiente, cerca di perfezionarsi continuamente assorbendo sempre più informazioni per dare la massima soddisfazione di chi l’ha creato. Per “tentare di dare” in effetti…
Ma di nuovo, non è il finale della storia che ci interessa.
Verso la fine dell’episodio, assai condito di risvolti umani che non alterano il nucleo dell’idea, l’umore di Cassandra sorridente e divertito si è lentamente popolato di riflessioni e preoccupazioni.
Lasciando perdere il passo finale dell’incarnazione in un simulacro materiale, per ora fuori portata sia della robotica che della genetica, le prime due fasi sono poi così irrealizzabili?
Un sistema esperto che sappia collezionare informazioni e le usi per sintetizzare una pseudo Intelligenza Artificiale”, un chatterbot tipo Eliza , ma così ben caratterizzato e dettagliato da essere indistinguibile non da un essere umano, ma da un particolare essere umano è davvero irrealizzabile? O potrebbe essere dietro l’angolo?
Con la velocità di sviluppo delle applicazioni cloud e l’impressionante mole di dati personali, anzi addirittura intimi, che gli utenti delle comunità sociali ben volentieri riversano in sofisticati Moloch come Facebook e Twitter, vien da pensare che le due componenti principali dello specchio oscuro siano già qui ed ora.
Forse qualche giovanotto, o più probabilmente qualche multinazionale, potrebbe essere già al lavoro per metterle insieme e sfruttarle in questo modo. Oltretutto ora l’idea gliel’hanno pure trasmessa in televisione…
Ma questo lontano incubo non è la sola cosa che turberà (speriamo) i lettori di Cassandra: è interessante ripartire dal titolo e dal fatto che, durante la storia, la protagonista per cui è stato ricreato il compagno prematuramente morto, mentre vede crescere il simulacro, si accorge di essere lei a plasmarlo inconsciamente. E non a caso per questo si indispone molto.
Ed abbandoniamo per la seconda volta nel ragionamento la storia: sono certo che illustri filosofi e semiologi hanno già scritto abbondantemente su questo, ma per Cassandra è un pensiero originale.
Cosa spinge così tante persone, utenti delle comunità sociali, a creare non quella di altri ma una propria immagine nella Rete ed a inseguire a colpi di “Mi Piace” e di “Amicizia” altre immagini di illustri sconosciuti?
Non è certo la comodità di ricontattare i perduti amici delle elementari o quella di far sapere la propria posizione serale per favorire incontri galanti in un bar.
No, l’assuefazione, la dipendenza così comune (molto più che quella da videogame o da “Internet”) non può essere spiegata solo da questo.
Questa malsana dipendenza non potrebbe essere dovuta proprio al fatto del ricreare noi stessi dentro la comunità sociale?
Un noi stessi migliore, più di successo, privo di quelli che pensiamo siano i nostri difetti?
Non potrebbe essere che come Grimilde ci piaccia rifletterci in un rassicurante specchio che mostra a tutti, ma anche e soprattutto a noi stessi, un’immagine bella e rassicurante, anzi “la più bella del reame”? Sarebbe un processo simile a quello che Baudrillard descrive parlando del fascino dell'”Iperrealtà”, un processo di formazione non di un “Io digitale” ma di un “Doppio digitale”?
Ecco, qui si innesta a meraviglia la storia che abbiamo riassunto: può essere che questo specchio non rifletta affatto la realtà, ma che sia uno specchio oscuro che ci mostra immagini diverse?
Non potrebbe essere che in un vicino domani queste immagini si rivelino “altro”, e che siano loro a guardarci attraverso lo specchio oscuro, improvvisamente trasformato in una finestra su un mondo diverso o su un aspetto molto negativo del nostro mondo, in ambedue i casi ben poco rassicurante?
Marco Calamari
Lo Slog (Static Blog) di Marco Calamari
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