Campo lungo in esterno, fine agosto in una nota località balneare.
Un signore diversamente giovane, sulla sessantina, sta andando a comprare il giornale. Ferme in mezzo alla porta ci sono due bambine, più o meno 6 anni, che si stanno scambiando qualcosa, forse figurine.
Senza dire niente il signore si ferma pazientemente ad aspettare che lo lascino passare: nulla.
Da dentro il negozio arriva la mamma che guarda e dice qualcosa alle bambine, poi escono tutte e tre: andandosene la più grande, visibilmente infastidita dal rimprovero, si gira, guarda il signore alzando gli occhioni severi e dice “Si deve chiedere il permesso per passare”.
Fine della scena.
“Che c’azzecca?” direbbe un noto ex magistrato se conoscesse questa rubrica.
Apparentemente niente: ma decodifichiamo la situazione.
Una personcina “beneducata”, cioè che ha ricevuto “una buona educazione”, quella di chiedere il permesso se deve passare, e che si suppone anche abbia ricevuto l’educazione complementare del “non si sta in mezzo dove deve passare la gente”, rovescia completamente i termini della situazione e dice a chi aveva bisogno di passare che doveva chiedere il permesso.
Un problema di comprensione e/o di educazione approssimativa e/o di precoce egocentrismo? Forse.
Il signore diversamente giovane avrebbe potuto/dovuto chiedere il permesso? Forse.
La personcina diversamente vecchia, blandamente rimproverata dalla mamma, ha ragione? Certamente no.
Eppure il suo modo di “ragionare”, capzioso, paternalistico ed opportunista, è comune a moltissime persone.
Per quelle che stabiliscono le regole è purtroppo diffuso: viviamo in uno Stato impostato paternalisticamente, dove porre delle regole è visto come attività premiante particolarmente per politici ed affini.
Pare che garantire uno spazio di libertà il più ampio possibile, nel rispetto della Costituzione, sia stato dimenticato dal legislatore.
“Tutto quello che non è vietato è consentito”, regole poche, certe, chiare e fatte rispettare.
L’assurdo è che i cittadini, destinatari delle regole, come il signore diversamente giovane della sceneggiatura, quasi sempre non ci trovano niente di strano, anzi ne sono contenti, perché cosi i rapinatori non rapineranno, gli stupratori non stupreranno, i ladri non ladreranno e tutti saremo più tranquilli e sicuri.
Volendo cercare un’attenuante per i cittadini suddetti, si potrebbe dire che in una situazione di paura artificialmente indotta, passatempo più o meno sempre praticato da chi governa, nel passato recente o remoto, ma anche nelle democrazie di oggidì, il cittadino sia indotto a chiedere sempre più regole e più divieti.
Vero, ma questa attenuante si applica solo al “cittadino bue” del “popolo bove”.
I cittadini “normali” non devono farsi incantare dai giochetti di illusionisti di professione, ma anzi farsi ben sentire, particolarmente nelle democrazie elettive come almeno formalmente è la nostra.
A maggior ragione questo vale per i Cittadini della Rete (anche se la loro percentuale tra i naviganti sociali è molto piccola) che vivono in un mondo sempre in divenire, dove le regole sono spesso inutili o dannose, difficili da scrivere bene ed ancora più difficili da applicare.
Un mondo dove i più forti ormai stanno sempre un passo avanti e sui quali le regole non fanno presa, anche perché spesso sono scritte proprio per questo.
Un mondo che possiede una singolare caratteristica: tutti quelli che non lo abitano sono convinti di sapere come dovrebbe funzionare e di essere in grado di dettare le regole giuste, morali o legali, a chi lo abita. Gli altri sono pedofascionazisti .
Un mondo dove la persona diversamente anziana di cui sopra si troverebbe perfettamente a suo agio, avendo già capito come fare a manipolare le regole a proprio tornaconto.
Un mondo che nessuno pare più difendere.
In un mondo materiale dove la vita è sempre più difficile e le regole sempre più manipolate a vantaggio di pochi, difendere l’ultimo posto dove la libertà di parola e di espressione può essere esercitata alla faccia dei manipolatori dovrebbe essere percepito non solo come un dovere ma banalmente come una convenienza personale da tutti.
Un dovere per i legislatori che dettano le regole, per i magistrati che le “ricordano” ai cittadini, ed un diritto per i cittadini che che le devono rispettare ma non subire.
Alla faccia degli occhioni apparentemente innocenti ma severi dove, a guardare bene ed a fondo, si può trovare lo sguardo manipolatore di un Grande Fratello.
Richiedere il rispetto dei diritti civili non è un optional: la libertà, se non esercitata costantemente, appassisce e muore.
Marco Calamari
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