Grandi cambiamenti! Oddio, fatte le debite proporzioni ovviamente. Chiedo scusa ai superstiti 12 lettori che amano privacy e tecnologia, ma la mia personale lotta contro i miei personali mulini a vento mi ha ispirato una decisione draconiana: Cassandra Crossing sarà dedicata, fino al 13 aprile, giorno delle elezioni politiche, a temi di base, poco tecnologici e molto filosofici, sfacciatamente e noiosamente didattici. Il miraggio che vorrei inseguire è quello di avere persone più dotate di strumenti dialettici e di nozioni di base per affrontare dibattiti sulla privacy e sui diritti civili, da quelli fatti al bar fino all'”empireo” di Porta a Porta. Mania di grandezza?
Se l’idea vi disgusta per la sua ingenuità e pretenziosità, potete consolarvi pensando che è comunque a scadenza, e che dal 14 aprile fino a quando non sarà vietata per legge, probabilmente Cassandra riprenderà a spaziare sui temi usuali.
Quindi un saluto a chi decidesse di soprassedere per queste 6 settimane ed un benvenuto ed un grazie a chi rimane.
Cos’è una dicotomia ?
È una categoria logico/filosofica, spesso impiegata nelle discussioni in maniera strumentale ed insidiosa.
Una dicotomia tra A e B significa che o è vero A, o è vero B e non esistono altre possibilità (ambedue veri od ambedue falsi).
Una dicotomia falsa è quella che pretende di enunciare “A oppure B” tacendo che esistono anche altre possibilità C, D…
Cadere o far cadere qualcuno nella trappola logica di una falsa dicotomia è un metodo dialettico estremamente comune per guidare una discussione fuori dai binari fattuali, prendere vantaggi sull’ingenuo avversario e portare a conclusioni false e strumentali.
È una situazione che ricorda quella del vantaggio che negli scacchi il bianco assume, avendo la prima mossa, quando il nero risponde con una mossa non ponderata a dovere: se il nero gioca d’istinto piuttosto che di ragionamento e cultura, passa certamente in svantaggio.
Accettare una dicotomia in una discussione equivale a lasciare all’avversario scelta di campo, di armi e di momento; un probabile modo di pianificare la sconfitta dialettica della propria posizione. A maggior ragione accettare una falsa dicotomia significa accettare false premesse e quindi ritrovarsi a discutere fuori dai binari della realtà, rendendo forzatamente sterile e fazioso il dibattito ed accettando di essere guidati dall’avversario verso un terreno arbitrario dove lui è preparato e voi no, dove lui dimostrerà una tesi falsa o strumentale.
Facciamo un esempio familiare ai lettori di questa rubrica. In un dibattito, in una esposizione che riguardi la privacy è ormai una certezza sentire prima o poi enunciare la falsa dicotomia ” Privacy oppure sicurezza? “.
Tradotto: si ha più sicurezza sacrificando una parte di privacy. Avremo un bene primario sacrificando un bene “secondario”.
Sconfitta totale delle posizioni pro-privacy in 3 rapide mosse, a causa dell’accettazione di una falsa dicotomia, di una falsa premessa che “sembra” vera ma è solo verosimile.
Perché è falsa? Perché è una affermazione non provata logicamente o scientificamente. Perché ammette banali controesempi che la smentiscono. Perché agevola posizioni paternaliste e posizioni pigre. Perché agevola estensioni arbitrarie del potere esecutivo.
Nulla prova storicamente che in generale introdurre “misure di sicurezza” lesive della privacy (e dei diritti civili) porti ad una maggiore sicurezza.
C’è invece abbondanza di controesempi in cui grandi sacrifici della privacy e dei diritti civili (decreto Pisanu, controlli negli aeroporti) non portano a nessun vantaggio in termini di sicurezza reale, ma portano ad un gioco mediatico rassicurante destinato al popolo bue (controlli negli aeroporti) o ad un vantaggio collaterale per il potere esecutivo (che non può essere ammesso o perseguito esplicitamente, essendo impresentabile) di un maggiore e più economico controllo sociale indiscriminato ed a priori.
Non è affatto detto che sacrificando la privacy si otterrà più sicurezza: il decreto Pisanu espone le persone ad abusi compiuti da chi ha accesso a dati che, riguardando cittadini innocenti, non avrebbero dovuto essere memorizzati, tanto meno per tempi biblici. Senza vantaggi certi e dimostrati non si devono memorizzare dati sulle persone, che sono intrinsecamente pericolosi in quanto tali. È anche la posizione del Garante. È anche la posizione dell’establishment politico quando i dati memorizzati ed abusati riguardano loro.
Non è affatto detto che aumentando la privacy si diminuisca la sicurezza: ad esempio, le uniche misure efficaci negli aeroporti secondo Schneier sono, vedi caso, quelle che sulla privacy non hanno nessun effetto, mentre cose come la no-fly list non sono mai servite a nulla se non a far restare persone innocenti a terra per tutta la vita.
Ecco infine la risposta doverosa ad una falsa dicotomia, una vera dicotomia attinente agli stessi argomenti. “Più tecnocontrollo, meno diritti civili e libertà”.
Se si sacrifica la privacy dei cittadini innocenti si aumenta il tecnocontrollo, si ottiene la possibilità di controllare a posteriori la vita di chiunque.
La gestione delle banche dati del decreto Pisanu è quantomeno opaca: ad esempio dove sono finiti i dati di cella GSM di BLU quando l’operatore cellulare è stato smembrato? Dove sono le procedure che verranno seguite per cancellare i dati, se e quando verrà mai il momento? E chi andrà in galera se ometterà di farlo?
Se si sacrifica la privacy dei cittadini si ottiene certamente una diminuzione di libertà.
Chi può sentirsi libero di navigare ed esprimersi in rete dopo aver saputo che primari ISP italiani memorizzano mittenti, destinatari ed anche gli oggetti di tutte le mail inviate o ricevute, e i dati di tutte le sessioni TCP aperte o chiuse attraverso la loro rete? Quelli che non hanno nulla da nascondere, i prediletti del Führer?
Sacrifici della privacy devono essere compiuti solo in presenza di vantaggi sociali certi e dimostrati, nella misura minima necessaria e solo dove non esistano alternative, in maniera onesta, esplicita e condivisa, che non leda i diritti civili espressi dalla Costituzione italiana, che già adotta troppi “se” e troppi “ma”.
È chiaro che al potere esecutivo non interessano i diritti dei cittadini, è naturale non essendo il suo mestiere. I diritti sono istanze politiche, ed è la politica, attraverso la legislazione, che li deve tutelare.
Fatelo capire ai prossimi legislatori. Domani alcuni saranno in Parlamento, ma oggi sono tutti nelle piazze e nei blog.
Marco Calamari
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