Ci siamo ormai lasciati alle spalle la formazione delle liste elettorali, nella creazione delle quali le segreterie dei partiti hanno deciso chi andrà in Parlamento, e l’argomento centrale del dibattito (per così dire) politico è diventato quello dei programmi elettorali. Come cappello del ragionamento di oggi mi piacerebbe chiedere che durante ogni campagna si discutessero i risultati del programma elettorale precedente, ma questo non è mai stata un’abitudine della politica italiana, quindi non spero che qualche parte politica si faccia carico di questo rendiconto verso i propri elettori. Oltretutto questo dovrebbe essere fatto in termini analitici e quantitativi, metodi che alla politica, quasi sempre scientificamente semianalfabeta non sono mai stati simpatici, preferendo semmai di gran lunga la matematica dei sondaggi d’opinione e non dei fatti. Da una analisi delle bozze di programmi che si sono viste o sono state annunciate fino ad ora, emergono solo due punti che si riferiscono agli argomenti a me cari, tecnologia e privacy, su cui mi sento tranquillamente di poter salire in cattedra.
Il governo “rosa” ha portato come punta tecnologica avanzata del proprio programma l’accesso alla banda larga per tutti gli italiani, ventilando anche una futuribile ipotesi di evoluzione verso l'”accesso universale” garantito come diritto dei cittadini; data l’austerity non si capisce chi pagherebbe, forse abolendo gli aiuti ai quotidiani di partito?
Bisogna a questo punto ricordare che l’Italia, dopo anni di sbandieramento di numeri molto positivi sulla penetrazione della banda larga (gonfiati dalle attivazioni di massa di ADSL gratuite dell’incumbent) si trova oggi al penultimo posto in Europa. Questo avviene malgrado che l’accesso alla banda larga sia stato già da anni considerato, almeno a parole, una priorità dei governi che si sono succeduti.
È appena il caso di ricordare che il mercato italiano della banda larga è sostanzialmente ingessato da Telecom Italia, azienda già monopolista, che si è trovata gratuitamente in casa, al momento della privatizzazione, l’intera rete fonia e dati italiana. La risposta ragionevole ed immediata a questo problema (e sottolineo “problema” perché di un grave problema si tratta) avrebbe dovuto essere il frazionamento immediato dell’azienda, con la creazione di un gestore separato della rete che vendesse in maniera trasparente i servizi a tutti i fornitori di accesso senza conflitti di interesse. Grazie a questo, Telecom Italia ha potuto controllare e limitare come non avviene in nessun altro paese europeo la possibilità delle altre aziende di svolgere una reale concorrenza. Il risultato è stato quello di contenere la concorrenza in un ghetto di margini bassissimi e di conseguenti servizi scadenti resi alla clientela, grazie poi al fatto che l’Autorità Garante ha nel frattempo brillato per la lentezza e l’inefficacia delle sue azioni di controllo.
Questi fatti si sono svolti durante ben tre governi di colore alterno, nessuno dei quali ha saputo o piuttosto voluto procedere ad un’operazione che spezzasse un monopolio di fatto, e contemporaneamente, tramite un’Autorità Garante sempre ritardataria, ha permesso che Telecom attuasse con successo economico una serie di manovre, poi tardivamente censurate, che hanno danneggiato sia la concorrenza che in ultima analisi i consumatori.
Questo atteggiamento potrebbe anche mutare in futuro, ma la recente storia delle concessioni WiMax non lascia presagire nulla di buono. Sotto il governo rosa ci si è ben guardati da lasciare libero una parte dello spettro radio WiMax, evitando quindi accuratamente di creare spazi di libertà per iniziative dal basso svolte in maniera non commerciale da semplici cittadini.
Contemporaneamente, un noto esponente del governo rosa si è pubblicamente vantato del successo dell’asta WiMax, che porterà miliardi nelle casse dello stato. Peccato che nel caso della precedente asta delle licenze UMTS questo non sia poi avvenuto per scomparsa di molti dei vincitori.
Peccato anche che in ultima analisi questi miliardi di euro dovranno venir fuori dalle tasche dei consumatori, e si tradurranno inevitabilmente in una tassa occulta che provocherà tariffe più alte e quindi minori possibilità di accesso, con buona pace dello sbandierato “accesso universale”.
Il governo “celeste” ha invece posto come punta avanzata del suo programma il sacrosanto diritto alla privacy dei cittadini. Ovviamente niente da eccepire sul sacrosanto enunciato, che mi trova totalmente d’accordo. Peccato che la sua enunciazione di dettaglio sottolinei la parte che riguarda la divulgazione illegale di intercettazioni svolte come atti investigativi giudiziari.
Queste affermazioni vengono da un governo che ha fortemente voluto e partorito, in nome della “sicurezza” elettoralistica, il famigerato e sciagurato decreto Pisanu che ha istituito l'”intercettazione universale” e non l’accesso universale, distruggendo nei fatti il diritto alla privacy dei normali cittadini ed istituendo una banca dati quasi eterna quale nemmeno il Grande Fratello aveva mai osato immaginare.
D’altra parte, venendo questo dal governo celeste che ha a più riprese legiferato nell’interesse esclusivo di singoli individui, e che si è trovato in grosse difficoltà proprio per il trapelare di notizie investigative, appare del tutto ragionevole estrapolare questo in una interpretazione precisa della privacy che deve essere difesa; non è quella dei singoli cittadini innocenti, detentori di diritti sacrosanti sempre più calpestati, ma quella della “casta” che intende ancora una volta legiferare a suo esclusivo uso e consumo. Si tratta della loro “privacy” dunque, non della nostra.
Il dubbio di onestà e schiettezza di questo punto del programma del governo celeste è quindi più certezza che dubbio; decodificate quindi correttamente questo apparentemente pregevole punto della difesa della privacy, perché non è destinato a voi. Della vostra privacy il governo azzurro farà, come ha sempre fatto, polpette, e d’altra parte il governo rosa è stato più che acquiescente, omettendo completamente di parlare di diritti civili in Rete e preferendo l’orrido argomento della pur sacrosanta lotta alla pedofilia tramite l’evocazione della castrazione chimica. Evidentemente la convinzione dell’efficacia di far ciondolare i cappi come strumento di propaganda elettorale è trasversale ai vari colori della politica. Viene da pensare che i responsabili della comunicazione del governo rosa abbiano idee veramente strane sulle priorità e sui metodi da usare con i loro potenziali elettori.
Proviamo quindi a fornire qualche idea ai futuri governi, rosa, celesti, grigi o prato che siano.
Non prendeteci per i fondelli con falso inno alla privacy; non prendeteci per i fondelli con una banda larga lasciata da anni in mano agli speculatori.
Togliete dai vostri programmi le due balle elettorali sopra commentate, ed inserite al loro posto questi due punti:
- abolizione immediata del decreto Pisanu e sua sostituzione con una legge allineata con le raccomandazioni dell’Unione Europea, ma che le implementi col massimo rispetto della privacy e dei diritti civili degli italiani
- scorporo della rete da Telecom Italia con la creazione di un gestore separato e liberalizzazione di una parte delle frequenze radio WiFi e WiMax.
Allora forse seguiro’ con più interesse e meno disgusto la campagna elettorale.