Sono rimasto sorpreso della quantità di commenti ricevuti, sia sul forum che di persona, all’articolo sul paradiso perduto dell’informatica . È pur vero che molti di essi suggerivano che fossero solo le nostalgie di un rimbambito, però… Tra l’altro il caso (o la saggezza della Redazione) ha voluto che sullo stesso numero apparisse un notizia breve con il link ad un filmato pubblicitario di retrocomputing.
Il filmato, che ovviamente si trova su YouTube ma che potete anche raggiungere da questo link dovrebbe essere visto come prerequisito al resto di questa lettura.
È una vecchissima (1994) pubblicità commerciale Digital (quella dei minicomputer Vax, per intenderci) la quale utilizzava (a ragione) la sua pionieristica attività e presenza su Internet per farsi pubblicità con un lungo spot anche ricco di informazioni di carattere generale sulla Rete, che allora era vista come “The Next Great Thing”.
Nel ’94 però c’erano già web, posta elettronica e connessioni via modem da casa; il ’94 è stato l’inizio dell’Era Informatica attuale, mentre nello scorso articolo cercavo di descrivere la rivoluzione precedente.
Sì, perché quando ho cominciato ad amare l’informatica era il 1975, io ero una matricola di ingegneria che, grazie alla scelta di un corso di laurea tecnologico (i corsi di laurea in Informatica non erano ancora consolidati) al quarto anno avrebbe avuto la fortuna di poter lavorare, usando le perforatrici descritte l’altra volta, su un “moderno” IBM 1130 del Centro di Calcolo per l’Automatica di Ingegneria.
In una numerazione arbitraria si potrebbe dire che quella era la fine della Prima Era Informatica, e che la nostra è la Terza, quella della telematica e del personal computing di massa, cominciata appunto negli anni novanta.
Nella Prima Era Informatica non esisteva la telematica. Anche i terminali remoti erano una ghiotta rarità; di solito ci si recava direttamente nella stanza del Computer per lavorare con terminali attaccati col filo alla porta seriale (o di altro tipo) del 1130. Non c’erano schede di rete, non c’erano reti locali, non c’erano monitor, solo telescriventi su carta, il computer era Uno; schede perforate, lucine ad incandescenza lampeggianti, sancta sanctorum del mainframe, tuttavia la potenza e le possibilità percepite erano senza confini.
C’è stata in Italia (molto meno negli Stati Uniti, che non avevano il “vantaggio” di avere un monopolista della telecomunicazioni) una lunga età di mezzo, la Seconda Era Informatica, che potremmo datare tra il 78 e la fine degli anni ottanta, in cui sono arrivati, per la gioia di pochi hacker smanettoni disposti a tutto, sia la telematica che i primi personal computer (Apple II Europlus) in cui qualsiasi porta di comunicazione, anche la parallela o la seriale, erano costose opzioni.
Oddio, la telematica erano linee telefoniche con accoppiatori acustici diretti da computer a computer (avete presente War Games?) ed i BBS erano una pallida immagine della futura Internet, ma allora erano il cielo.
Da un punto di vista della conoscenza, il passaggio dalla Prima alla Seconda Era Informatica, quella ancora senza Internet ma con la telematica, è stata una rivoluzione diversa, e forse più grande, di quella avvenuta tra la Seconda e la Terza.
L’inizio della Seconda Era Informatica (sempre numerazione arbitraria) vede, intorno al 1982, l’arrivo di Internet in Italia, o meglio dell’Italia in Internet. Infatti, uno dei 9 computer che formavano il backbone di Internet (NSFNet OliveA) si trovava, come gli altri, negli Stati Uniti ma in Olivetti (la sede OATC di Mariani Avenue – Cupertino, indovinate chi c’era di fronte?), dove ebbi la fortuna di andare a lavorare nel 1986, trovandomi di punto in bianco su, anzi, dentro Internet. All’epoca nella Silicon Valley succedeva di tutto; si facevano persino riunioni tecnologiche congiunte (semiclandestine) Apple/Olivetti, e l’unica cosa che gli Olivettiani invidiavano ai Melisti erano i party aziendali del venerdì pomeriggio.
Ho visto in Olivetti cose che voi umani… persino una QuickTime due anni prima di quella Apple, ma i manager che comandavano erano italiani in Italia, troppo impegnati a farsi la guerra tra loro come principi medioevali per essere creativi e lungimiranti, quindi sono state solo occasioni perdute.
Il top di scambio di conoscenze, preziose ed essenziali anche in campo aziendale, erano i newsgroup Usenet; ricordo di essere stato preso più volte per matto quando raccontavo che se si aveva un astruso problema tecnologico bastava mandare una mail lì dentro ed i massimi esperti al mondo si precipitavano a risponderti in poche ore. Allora pero’ erano i tempi d’oro, quando la beneducazione era obbligatoria, anzi naturale, e non rispondere ad una mail personale era considerato un atto riprovevole e da additare al pubblico ludibrio; anche rispondere dopo un paio di giorni richiedeva comunque delle scuse esplicite.
Poi è arrivata la Terza Era Informatica, quella dove a comunicare non sono più i computer ma direttamente le persone, e la Rete ha cessato di essere una disciplina da apprendere ed è diventata una risorsa diffusa, una commodity. La Rete ha cambiato il Mondo ed il Mondo ha cambiato la Rete, per il meglio o per il peggio è difficile dirlo.
Quello che è certo è che il sapore di un Rete forte e contemporaneamente giocosa, fatta quasi solo di cavalieri Jedi e di generosità ed in cui i Sith erano una rara eccezione ed il Grande Fratello non esisteva, si è perso per sempre, ed il suo ricordo rimane solo nella memoria dei vecchi. È il corso delle cose.
Marco Calamari
( I Pensieri dei Vecchi è copyright della Vecna Inc.)
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