Il Natale ci ha portato in regalo un piccola e tardiva buona notizia . Meglio di niente, comunque. Il matematico Alan Turing, unanimemente giudicato come l’individuo che più ha dato all’informatica moderna, e che morì suicida nel 1954, è stato graziato dalla Regina Elisabetta II con un breve e freddo documento di tre paginette, che merita comunque una lettura utile a “gustare” il livello a cui l’atto è stato compiuto, ed anche a capire esattamente di cosa si tratti, visto che la maggioranza degli articoli apparsi sui media sono decisamente approssimativi.
La vita di Alan Turing è sempre stata avvolta, e meritatamente, dall’aura del genio. E purtroppo anche dagli effetti collaterali della sua omosessualità in una società come quella inglese del dopoguerra, in cui gli omosessuali venivano considerati criminali e malati allo stesso tempo.
Dati i numerosi articoli apparsi sui media, basta riassumere che Alan Turing creò le basi dell’informatica moderna, domandandosi cosa dovesse essere un computer e definendo il modello matematico della Macchina di Turing, dimostrando che essa poteva eseguire qualunque calcolo algoritmico. Sull’altrettanto famoso ma più semplice da enunciare “Test di Turing” relativo all’I.A. non c’è bisogno di soffermarsi, e nemmeno sui suoi contributi alla crittologia.
Durante la seconda guerra mondiale, nel famoso e supersegreto laboratorio di Bletchey Park, progettò la “Bomba”, un calcolatore elettromeccanico che decodificava i messaggi criptati con la macchina “Enigma” tedesca, contribuendo probabilmente in maniera decisiva a cambiare il destino del Regno Unito nella seconda guerra mondiale.
Nel 1952 ebbe un incontro a casa sua con un maggiorenne, che durante la notte lo rapinò. Denunciando con il massimo candore la cosa alla polizia, dette inizio al suo martirio fatto di galera, processi, castrazione chimica per poter avere i domiciliari, ed infine suicidio con il cianuro, forse ingerito con la mitica “Mela avvelenata”.
Tant’è per un geniale eroe (od eroico genio) dei suoi e dei nostri tempi.
Questa macchia indelebile sulla storia del Regno Unito, paese peculiare ma considerato “civile” in tempi un cui molti altri non lo erano certamente, fu solo parzialmente attenuata solo nel 2009 dal premier Gordon Brown che, con una dichiarazione pubblica molto richiesta e poco convincente, porse scuse e ringraziamenti postumi alla memoria dell’uomo Alan Turing.
E stava parlando dell’uomo a cui il suo predecessore certamente meglio informato Winston Churchill riconobbe “il più grande contributo individuale alla vittoria alleata nella seconda guerra mondiale”.
Ma negli schedari della giustizia inglese Alan Turing restava un criminale condannato secondo la legge dell’epoca: “La Legge”, valida allora e le cui conseguenze restano giuridicamente valide oggi e sempre.
L’atto, in verità eccezionalmente raro, compiuto da Elisabetta II tramite i suoi poteri legali sovrani, non è un “perdono” (ahimè, l’inglese dei giornalisti italiani!) ma una riabilitazione: in termini italiani la cancellazione del reato dalla fedina penale.
L’aridità del comunicato ufficiale può portare a sottovalutarne o fraintenderne il significato, che è certamente positivo.
Ma una domanda sorge spontanea: viviamo in tempi in cui si può essere licenziati per aver pronunciato in pubblico una battuta omofoba, ed in cui l’omosessualità non è considerata reato ma normalità nella maggior parte dei paesi civilizzati, incluso il Regno Unito.
Visto che ormai tutti in quel paese concordano sul valore dell’uomo e sulla persecuzione e le ingiustizie che ha subito, la concessione di una delle tante onoreficenze, così importanti in una monarchia, compiuta contemporaneamente alla riabilitazione sarebbe stata eccessiva?
Un criminale non può riceverne, ma un eroe ed un cittadino esemplare sì, ne avrebbe anzi diritto.
La Regina non poteva farlo di sua iniziativa? Od il Primo Ministro?
Sarebbe stato un altro piccolo, solo postumo e formale ma comunque importante, riconoscimento di un errore e di un’ingiustizia.
Ed è invece stata un’occasione perduta per una riparazione all’abominio compiuto nel 1952. Forse bisognerà aspettare altri 70 anni.
Lasciamo ai governanti ed agli attivisti del Regno Unito decidere se, quando e come compiere ulteriori gesti riparatori ad una vergognosa ingiustizia, e volgiamo i nostri occhi dal passato al futuro.
Qual è, ai giorni nostri, il destino di persone più o meno geniali, ma sempre e certamente coraggiose, indotte al suicidio o perseguitate in vari modi ed intensità a livello internazionale come dissidenti, pedoterrosatanisti, traditori e spie? Di persone come Aaron Swartz, Jacob Appelbaum, Julian Assange, Bradley Manning, Edward Snowden e di altri meno attuali e famosi di loro?
Come Alan, sono persone che hanno scritto pezzi di storia della Rete, della tecnologia, della politica, e come lui quelli sopravvissuti vivono condizionati o schiacciati dal peso legale dei loro paesi o di altre potenze economiche e militari.
Essendo percepiti come Nemici e non come Eroi, grazie anche al lavoro di certi media che non saranno mai additati abbastanza al pubblico disprezzo e ludibrio, è della loro sopravvivenza che ci si deve preoccupare, non della loro riabilitazione.
Ma… Perché? Almeno Cassandra, che di profezie è un’esperta, può permettersi il lusso di prevedere e magari di chiedere prima di altri.
Caro Rettore del Massachusetts Institute of Technology, che non hai difeso neanche alla memoria, la vita e le azioni di Aaron, a quando delle scuse pubbliche degne di questo nome ed un piccolo monumento (non credo lui ne avrebbe voluto uno grande) una targa od un edificio a lui intitolato nella tua università?
Signor Presidente degli Stati Uniti d’America numero… beh, senz’altro maggiore di 44…, a quando una riabilitazione, possibilmente non postuma, dei cittadini del suo e di altri paesi che l’hanno sperabilmente aiutata a ritrovare quei principi della Sua Costituzione, distrutti da tante agenzie triletterate e dalla paura artificialmente indotta del terrorismo?
E vorremmo continuare con altre esortazioni dall’aspetto pomposo (ma che non lo sono, sarebbero invece necessarie) che, come i 24 implacabili lettori avrannò già pensato, nessun governante leggerà e men che mai prenderà in considerazione.
Ebbene, su questo Cassandra non è d’accordo nemmeno con i suoi 24.
In primis perché l’ulteriore pezzetto di giustizia compiuto nei confronti di Alan non è stato il pentimento di un establishment , ma il frutto di anni di petizioni e di fortemente volute rotture di scatole pensate per infastidire l’ establishment stesso, al fine di far dichiarare qualche formale senso di colpa allo Stato, che spontaneamente non l’avrebbe mai espresso.
In secundis, perché se di un problema non si parla, il problema scompare, anzi non esiste: quindi anche parlare, fare petizioni ed essere inascoltati o sconfitti non è vano, perché almeno le parole, particolarmente nell’era della Rete e magari con l’aiuto di legali ed avvocati, restano.
Citare come d’uso “V” sembra addirittura superfluo.
Non a caso il fatto che persino le religioni considerino la testimonianza come valore indiscusso dovrebbe far pensare, e molto, tanti laici fancaz… persi nei loro iCosi ed iSocial, e che credono di contribuire a cambiare il mondo con un like od un hashtag.
Comunque, auguri di un buon 2014 a tutti.
Marco Calamari
Lo Slog (Static Blog) di Marco Calamari
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