“Gige… Chi era costui?”, penseranno subito gli istruitissimi 24 lettori, probabilmente anche coloro che hanno frequentato il liceo classico. In effetti del re di Lidia, carrierista di successo, partito da guardiano di buoi e divenuto re, ci interessa il giusto: interessante è piuttosto il suo magico anello dell’invisibilità che gli permise questa ascesa.
L’anello di Gige, se ruotato sul dito in modo che il castone si trovasse all’interno della mano, rendeva invisibile il suo portatore, che nella leggenda si introduce a Palazzo, seduce la Regina, uccide il re e si insedia al suo posto.
Proprio all’anello di Gige pare si sia ispirato lo stesso Tolkien per il vero protagonista della sua saga, l’Unico Anello, forgiato da Sauron e il cui potere va ben oltre l’invisibilità: “.. ed, a patto che avesse con sé l’Unico Anello, (egli) era al corrente di tutto ciò che si faceva per mezzo degli anelli minori, e poteva vedere e governare gli stessi pensieri di coloro che li portavano su di sé.”
Ma lasciamo perdere la Trilogia e torniamo alla mitologia greca, ed alla storia di Gige, già citato da autori antichi come Platone, i cui pensieri a riguardo sembrano indiscutibilmente modernissimi. Platone racconta infatti la storia di Gige per esemplificare come il grande potere conferito dall’anello, e per estensione qualunque potere assoluto, facesse emergere la malvagità anche dal più nobile degli animi: “E se si fosse dato lo stesso anello al più nobile ed al più malvagio degli uomini, essi alla fine si sarebbero comportati nello stesso modo.” Infatti non sono necessari l’onnipotenza ed il controllo dati dall’Unico Anello, che tramite la catena degli altri anelli garantiva direttamente il controllo delle menti ed il potere assoluto. La semplice invisibilità fornita dall’anello di Gige, che portava come conseguenza la certezza dell’impunità, era già da Platone considerata più che sufficiente a corrompere implacabilmente l’animo umano.
È interessante notare come questa semplice ragionamento possa essere ripetuto travisandolo completamente.
Ne è un ottimo esempio un articolo di Julie Zhuo su anonimato e cyberbullismo, che parte con il piede giusto citando proprio l’anello di Gige ed il potere dell’invisibilità, ma poi conclude con l’ormai stracotto finale che, per evitare che vengano compiuti atti di bullismo tra adolescenti via Facebook, bisogna rimuovere l’anonimato. I “potenti” che divengono cattivi sono gli adolescenti che utilizzano le comunità sociali, le quali rendono “anonimo” chi ne fa uso. Da schiantarsi dalle risate, se questo trito e ritrito discorso non fosse una tragedia.
Il fatto di guardare il dito e non la Luna, nel caso dell’articolo di Julie Zhuo, dipende probabilmente dal fatto che l’autrice lavora appunto per Facebook e dall’essere stato scritto nell’anno 2 a.D. ( prima del Datagate ).
Ma il Datagate è avvenuto. Il moderno Gige, l’NSA, ha perso l’anello, e le sue azioni sono diventate visibili a tutti ed hanno fatto scrivere molto, ma indignare solo alcuni, e solo per pochi giorni o mesi.
L’unica reazione davvero indignata è stata appunto quella di Gige che, pur avendo fatto di tutto e di più, appena gli è stata strappata l’invisibilità, da una parte ha attaccato chi gliel’aveva sottratta, dall’altra ha difeso strenuamente il suo diritto ad essere al di sopra ed al di fuori dalle leggi e dai diritti. Un esempio? Last but not least , questa dichiarazione : “Noi uccidiamo la gente basandoci sui metadati”.
Il mondo è insorto? I Cittadini della Rete e del mondo, spiati e controllati, sono insorti?
Ovviamente no. Una tirannia tecnologica improvvisamente rivelata come tale ha sostanzialmente continuato a lavorare indisturbata, iniziando oltretutto a pretendere sia di riguadagnare l’invisibilità che di mantenere l’impunità.
Concludendo con Primo Levi: “Se comprendere è impossibile, conoscere è necessario. Tutti coloro che dimenticano il loro passato, sono condannati a riviverlo”.
Certo, la maggioranza delle persone non studia la Storia, come la Storia stessa dimostra. Ma se da una parte i cittadini della Rete in senso esteso, inclusi quindi i partecipanti delle comunità sociali, sono nel centro del mirino, dall’altra la loro possibilità di conoscere è semplice e quasi illimitata come mai lo è stata nella storia.
Non esistono quindi scuse per nessuno, nemmeno per l’ultimo dei Facebookkari : se ve ne fregate, siamo tutti fregati.
Marco Calamari
Lo Slog (Static Blog) di Marco Calamari
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