Non è forse vero che l’abbondanza diminuisce il valore? E che la familiarità oscura talvolta l’importanza? È questo che mi è tornato in mente quando ho letto l’ennesimo esempio di sottovalutazione della cultura libera.
Si trattava di una discussione in una mailing list in cui una persona aveva citato Wikipedia come fonte, e l’altra ne aveva negato l’attendibilità ricordando i continui vandalismi a cui Wikipedia stessa è soggetta, e dicendo che lui stesso avrebbe potuto stravolgere la voce citata e farle dire quello che voleva.
La cosa è finita li, anche se avrei quasi voluto intervenire ricordando gli aspetti di intrinseca affidabilità di una cultura aperta.
Prima di tutto la comunità che sostiene Wikipedia è ben strutturata per riconoscere, contrastare e neutralizzare vandalismi. E non si tratta solo o principalmente dell’oscura casta degli “admin”, ma anche e soprattutto di tutti coloro che avendo creato o collaborato ad una voce la curano, la migliorano, la presidiano e la difendono come una loro creatura. Ma se non lo avete mai fatto e il vostro contributo alla cultura in Rete è fatto solo di chat e post, forse è al di fuori della vostra scala di valori.
Poi l’autorevolezza di fonti più classiche e formali è dovuta spesso solo ad un’atteggiamento mentale piuttosto che a una reale attendibilità intrinseca della fonte. Infatti anche le più classiche fonti “autorevoli” non possono quasi mai essere lette acriticamente, e questo non solo per l’evoluzione della storia e della scienza, ma perché spesso l'”oggettività assoluta” è (ahimè!) figlia del tempo e del luogo.
Leggere la voce “fascismo” sull’Enciclopedia Treccani, rispolverare pubblicazioni scientifiche tedesche degli anni ’30, o leggere testi religiosi di diversi periodi storici aiuta a capire perché una fiducia complessiva nella cultura non deve mai (ed il “mai” dovrebbe essere ripetuto tante volte) separarsi dell’esercizio del senso critico.
Gli enciclopedisti in sedicesimo che disprezzano la cultura aperta di Wikipedia, che solo la Rete ha reso possibile, dovrebbero prima immergersi davvero nella cultura del passato; un suo migliore assorbimento potrebbe far loro cambiare idea. Ma la sottovalutazione che avviene correntemente a Wikipedia avviene anche per altri tesori che la Rete ci mette a disposizione.
Lo scenario è simile a quello che vede risorse vitali ma comuni e di basso valore venale, confondersi e sparire dal panorama della vita quotidiana. Nel mondo materiale acqua, aria e per certi versi persino l’energia sono vittime di questa sottovalutazione, anche se uscendo solo di poco dalla nostra prospettiva di “occidentali sviluppati” sarebbe facile recuperare il senso delle proporzioni.
La situazione della Rete e dei suoi tesori è anche simile a quella di certe tecnologie del passato e del presente. Ad esempio l’energia eolica e la sua parabola nel pensiero degli ecologisti e del pubblico in generale conferma quanto possa cambiare la percezione comune di una risorsa ed una tecnologia quando si perde di vista la realtà, e la dialettica diventa l’unico metro. D’altra parte proprio la privatizzazione dell’acqua e la vendita di risorse demaniali sono in Italia la misura di quanto un disinteresse di oggi può cambiare la vita di tutti in un vicino domani.
La Rete e le sue risorse sono in generale vittime di questa sottovalutazione: email, chat, P2P, search engine, Wikipedia, Wikileaks, Sourceforge, Gnu/Linux, ImDB non esistono da sempre, non sono gratis anche se sembrano esserlo, non esisteranno necessariamente per sempre. Non ci sarebbe da preoccuparsi se una ricchezza della Rete scomparisse sostituita da una migliore, ma non è questo che succede: la scomparsa di queste risorse senza l’apparire di altre ugualmente libere potrebbe distruggere, in un futuro assai vicino, la Rete come risorsa, come produzione di cultura, come condivisione di saperi ed opportunità.
I tesori della Rete non sono in realtà minacciati principalmente dall’abbraccio di uno stato paternalista e soffocante, o da quello dei privati che alla fine si divorano tutto. Siamo noi la minaccia principale: ogni volta che scarichiamo un programma ed accettiamo una licenza-capestro, ogni volta che utilizziamo un programma proprietario quando ne esiste uno libero, ogni volta che compriamo un oggetto che è un pezzo di monopolio, siamo noi e non altri a distruggere la Rete come ricchezza di tutti a favore di qualche solito noto.
Ignorando o trascurando questioni come la neutralità della Rete, la censura sui contenuti, l’accesso universale, stiamo dissipando questi tesori. Inquiniamo una sorgente di acqua limpida. Distruggiamo un raccolto, Dissipiamo un patrimonio.
Marco Calamari
Lo Slog (Static Blog) di Marco Calamari
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