Quest’anno il premio offerto dalla prestigiosa rivista Time è stato assegnato ad un vero fenomeno della nostra epoca. Emerso praticamente dal nulla con una grande idea, l’ha perseguita con dedizione totale, instancabile costanza e perfezione maniacale. Ha saputo riunire nel suo sogno, anzi nel suo nuovo mondo, milioni di persone divise e solitarie, che sono ora unite e libere di comunicare tra loro come una grande nazione in continue ed inarrestabile espansione. È assurto alla dimensione di “Grande della Terra” ed interagisce da pari a pari con i più influenti e potenti uomini dei nostri tempi.
No, non è il commento alla nomina di “Uomo dell’anno” del 2010 ma di quella del 1938: non si parla del fondatore di Facebook, Mark Zuckerberg , ma di quello del Terzo Reich, Adolf Hitler.
Il testo è un parto della fantasia di Cassandra, e non la motivazione originale apparsa all’epoca sul Time. Ma tutto il resto è assolutamente vero, come è vero il fatto che Hitler non ebbero il coraggio di ritrarlo in copertina, cosa che in compenso fecero con Stalin, premiato per ben due volte.
Non ci credete? Allora usare la Rete: googlate in giro o andate direttamente su Wikipedia per vedere gli annali del premio o la nota nella biografia di Adolf Hitler . Altri storici “cattivi” sono stati insigniti dello stesso premio.
Si tratta della tendenza degli Americani a magnificare gli uomini che più incidono sul loro tempo, a costo di premiare chi lavora in parte per il lato oscuro? Non del tutto, perché Bin Laden non entrò nemmeno in classifica nel 2001 o nel 2002. Si tratta di una naturale tendenza a prendere cantonate seguendo il mito dell’ uomo-che-si-è-fatto-da-sé ? Possibile, e dato l’imprinting culturale “di frontiera” della cultura statunitense appare quasi ragionevole.
Si tratta forse del naturale rispetto per chi ha fatto i soldi aldilà di ogni immaginazione? Più che probabile, visto che non è più una caratteristica tipica non solo della cultura a stelle e strisce, bensì ormai universale. Si tratta del riconoscimento di un personale idealismo spinto alle estreme conseguenze? Allora Adolf, Mark e Joseph potrebbero andare addirittura a braccetto, ma visto che l’uomo dell’anno del 1982 fu “Il Computer” no, non è certo questa la spiegazione.
Ad ulteriore conferma dell’inessenzialità dell’idealismo come metro di giudizio di Time valga il fatto che Julian Assange, certo assai più idealista, sia stato accuratamente scartato malgrado fosse stato il più votato dal pubblico. Julian non ci ha ha perso molto come valore, ma gli è certo mancata l’esposizione mediatica, che mai come in queste ore gli sarebbe stata (meritatamente secondo molti) utile.
Non occorre essere andreottiani per essere sicuri che il conformismo social-governativo sia stato invece alla base dei ragionamenti dei giudici di Time , usati per scartare Julian a favore di Mark. Povero Julian, mentre la luce dei riflettori si allontana da lui, le possibilità di lasciarci le penne, dimenticato dalla massa dei suoi superficiali sostenitori della prima ora, aumenteranno ancora. E beato Mark, i cittadini della sua nazione ne potranno andare orgogliosi.
Se sono veri “cittadini” di una nuova nazione e non teste di legno dovranno però anche chiedersi in base a che cosa il mondo in cui vivono è stato plasmato. Quali ne sono le fondazioni, quali gli scopi? Cui prodest ?
In questo caso non serve molto per accorgersi che la linfa che scorre tra gli “amici” di Facebook e che arricchisce Mark e la sua e le altre dot.com non è la crescente comunicazione tra persone, ma la vendita dei dati che si scambiano e delle relazioni sociali che intrattengono tra di loro nella nuova nazione. Non ci vuole poi molto per uscire dallo schema e vedere il serpente dentro l’uovo. E logica conseguenza sarebbe il vivere da quel momento la propria socialità telematica in un modo diverso, non semplicemente preoccupandosi del fatto di arricchire Mark, ma di come quello che si decide di fare (o non fare) influenzerà la propria (e altrui) vita dopo pochi anni.
Chiedendosi prima di tutto cosa diventeranno le persone digitali dopo essersi svendute, anzi regalate, a chi vuole solo controllarle, per scopi sia economici che di un malinteso ed incivile “ordine pubblico”. Nel 1938 la grande massa dei seguaci di Adolf non ci pensarono, e poi se ne pentirono amaramente. Le poche voci fuori dal coro furono derise quando non peggio. E oggi persino Cassandra ha paura e non sa come uscirne. Ma parlarne è sicuramente il giusto inizio.
Marco Calamari
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