Morte di un'ideologia

Morte di un'ideologia

di M. Calamari - Dove siamo arrivati, e soprattutto come? Domande che solo in parte hanno risposta, e che possono magari ridestare quell'ultima briciola di coscienza del popolo della Rete
di M. Calamari - Dove siamo arrivati, e soprattutto come? Domande che solo in parte hanno risposta, e che possono magari ridestare quell'ultima briciola di coscienza del popolo della Rete

È strano parlare di una “Ideologia della Rete”, ed ancor più lo è verificare la sua scomparsa, ma è proprio ciò che accade quando ci si astrae dai singoli avvenimenti del presente per guardare più in generale e con una prospettiva “storica” quello che succede. È un tipo di esercizio assai utile, in cui bisognerebbe indulgere più spesso.

La domanda da cui partire non è univoca. Potrebbe essere: “Perché sulla Rete oggi ci sono così tanti cattivi?”. Potrebbe essere anche: “Perché la gente non si preoccupa della censura della Rete e del tecnocontrollo?”. O ancora più banalmente: “Perché la gente non si preoccupa più della propria vita in Rete, e si comporta come se si trovasse nel Paese dei Balocchi di collodiana memoria?”.

Una risposta, quella di Cassandra si trova alla fine di questo percorso.

La Rete ha subito tre momenti di trasformazione negli ultimi venti anni, e nessuno di questi le ha fatto bene. Nata da tecnologia pura, la Rete embrionale dei laboratori e delle dot.com (che allora ovviamente non si chiamavano così) ha sviluppato rapidamente una “ideologia”, che è poi un modo più raffinato per dire che ha sviluppato dei costumi, delle leggi.

Erano leggi di frontiera, e non potevano essere diverse: riguardavano la primaria importanza dei rapporti e della reputazione, ma anche alcune usanze assolute, implacabili e condivise. Come nel Far West si impiccava senza processo chi rubava il cavallo a qualcuno, in Rete si bannava chi nelle mailing list violava anche solo di un nonnulla la netiquette. Leggi severe, certo, ma che permettevano di dare credito ad uno sconosciuto, di sentire doveri nei suoi confronti, di agire con la rettitudine propria del luogo, e reagire come un sol uomo contro chi le regole violava.

Potremmo definirle “leggi naturali”, poche ma chiare, così chiare che non c’era bisogno di scriverle e nemmeno di enunciarle. Non comandamenti imposti da un essere superiore, solo regole evolutesi in base alle necessità, e per il resto libertà assoluta. L’ideologia di un mondo primitivo, di una Frontiera, appunto. E questa ideologia ha guidato (ci ha guidato) bene e lontano, amplificando a dismisura contenuti e servizi, continuando ad espandere il numero dei cittadini della Rete.

Poi sono arrivati il Web e gli ISP, ed il tasso di crescita è esploso. Sempre più persone hanno popolato la Rete e la sua ideologia è cambiata. Se da una parte si è addolcita nei confronti dei nuovi, dall’altra si è complicata per l’arrivo di abitanti sempre meno tecnologizzati, e quindi privi di un grande fattore unificante, ma in compenso delle più diverse lingue, abitudini, ideali, motivazioni. L’Ideologia, sempre più complessa, si è sfrangiata, è diventata meno chiara, spesso facoltativa, ma sempre presente.

Questo prezzo è stato molto alto, ma la ricompensa è stata altrettanto grande. I contenuti e le relazioni, la vera ricchezza della Rete, sono letteralmente esplosi: in Rete tutti sono diventati infinitamente più ricchi, realmente più ricchi.

La soddisfazione dei bisogni, oltre ogni immaginazione precedente, ci ha quindi portato verso una società utopica svincolata dal bisogno, una “Città del Sole” digitale? Beh no, quest’ultima cosa proprio non è successa. Sarà stato per l’imporsi di alcuni aspetti immutabili della natura umana o per la terza trasformazione?

Pochi anni dopo due nuovi attori della Rete ne hanno capito l’importanza per i loro scopi. Multinazionali e Stati, entità prive di umanità, per loro natura predatori e quindi insensibili ad ogni ideologia “naturale” che non sia costruita da loro stessi, sono entrati nel gioco. I loro obbiettivi erano diversi: guadagno per le Multinazionali, potere e controllo per gli Stati.

E l’ideologia della Rete, non un’entità teorica ma una prassi consolidata, ha smesso di crescere e di cambiare. È diventata evanescente e poi si è dissolta. Un “ottimista” potrebbe dire che è stata una conseguenza naturale per l’arrivo di così tante persone, con le loro diverse filosofie, ideali, necessità, abitudini. Questo e non altro, direbbe il nostro Ottimista, ci ha portato alla morte dell’ideologia della Rete ed al qualunquismo ed alla leggerezza, degne degli Eloi , della grandissima maggioranza dei suoi odierni abitanti.

Cassandra però, lo sapete bene, non è certo ottimista: è realista, e quindi paranoica.

L’ideologia della Rete, una nuova ideologia naturale prodotta dalle nuove abitudini e dai nuovi abitanti è scomparsa perché è stata scientemente uccisa. Non però in conseguenza di un piano monolitico di conquista del mondo della Rete da parte di qualcuno: l’ideologia della Rete è stata cancellata da entità non umane, da Stati e Multinazionali, e le persone hanno perso la cittadinanza della Rete e ne sono diventati la parte passiva ed abulica, affascinata e convinta a subire.

Se non coartate le persone avrebbero evoluto un’ideologia della gratuità e della condivisione, avrebbero “naturalmente” impiegato le proprietà intrinseche dei beni digitali, non privatività, riproducibilità infinita e costi infinitesimi per istituire un’era dell’abbondanza, che dalla Rete avrebbe potuto in parte estendersi al mondo materiale.

Ma potere e denaro non potevano adattarsi a questi nuovi paradigmi, almeno non senza trasformarsi radicalmente. Ed ovviamente così non è stato: potere e denaro hanno riprodotto se stessi e le loro regole denaturando al massimo grado l’ecosistema digitale della Rete. E condizione necessaria per realizzare con successo questo processo era eliminare scientificamente quello che tendeva ad unire i cittadini della Rete: l’ideologia della Rete, appunto.

C’è da meravigliarsi che sia scomparsa? No davvero!

Se ne sente la mancanza? Le persone che in Rete sono ancora vive certamente la sentono, ma sono sempre meno e sempre meno vive.

Di chi la colpa? Questa risposta è facile.

Le multinazionali vivono in gran parte dei nostri consumi, delle scelte quotidiane degli individui. Gli Stati, almeno quelli migliori dal punto di vista teorico, sono creati ed evolvono in base alla condivisone degli scopi dei loro liberi cittadini.

Le parole di V sono già state troppo citate da Cassandra perché ancora ce ne sia bisogno. Perciò alzatevi, andate allo specchio e guardatevi.

Vedete l’immagine di un innocente o di un colpevole?

Marco Calamari
Lo Slog (Static Blog) di Marco Calamari

Tutte le release di Cassandra Crossing sono disponibili a questo indirizzo

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Pubblicato il
22 lug 2011
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