Un solitario messaggio arrivato nella mia casella di posta ha risolto in modo eccellente la mia ricerca di un argomento su cui far vaticinare Cassandra.
Si tratta di una mail della antica lista Cyber-Rights , che ormai da anni giaceva muta e quasi dimenticata in una piega del cyberspazio e negli hard disk dei vecchi internettari più affezionati al loro passato. Cyber-Rights è stata un punto di riferimento vitale per la prima generazione di cyberitaliani, quelli più “vecchi”, la cui odierna età anagrafica varia però dai 29 ai 54 anni.
Il fatto che si fosse praticamente esaurita per morte naturale (cosa frequentissima nelle mail list) strideva molto, a mio modo di vedere, con la constatazione che esistessero ancora in Italia parecchie persone ed organizzazioni che sostenevano di essersi occupate e di occuparsi, magari senza usare questa definizione, di “diritti digitali”.
Il messaggio, il semplice annuncio di un dibattito dedicato provocatoriamente alla “morte” di una delle storiche organizzazioni del sottobosco digitale italiano di questi ultimi due decenni, Strano Network , ha immediatamente provocato un thread effervescente (anzi esplosivo rispetto al silenzio tombale precedente), che al momento in cui leggerete si sarà probabilmente esaurito o sarà derivato in direzioni imprevedibili mentre queste righe vengono scritte.
Il problema di fondo, che io ho cercato di evidenziare negli ultimi tempi (anche nel thread in questione), si può sintetizzare in una breve domanda: in molti paesi la difesa dei diritti digitali è cosa di tutti i giorni, perché in Italia se ne è sempre parlato poco ed oggi non se ne discute più?
Certo, si potrebbe obiettare che in tanti paesi parlare di “diritti digitali” è inutile: guarda caso però quei paesi appartengono o alla categoria di quelli che non riescono nemmeno a sfamare i loro cittadini, o a quella dove non ha senso nemmeno parlare di diritti civili.
L’Italia, che più di altri paesi e più che nel passato, soffre il problema della gerontocrazia a tutti i livelli amministrativi, politici ed intellettuali, non si merita tutto questo: non ci meritiamo di vivere in una società di questo tipo.
E si deve per forza fare il consuntivo che le associazioni “storiche” come ALCEI, A/I, ECN, InR, PWS, e tante altre omesse per colpa della mia memoria ormai fallace, hanno sostanzialmente fallito l’obbiettivo di tutelare i “diritti digitali”, visto che la stragrandissima maggioranza degli italiani non li conoscono, non li sentono propri o non li valutano nulla.
In questi anni il loro ruolo è stato sostanzialmente simile a quello svolto da Santiago Carrillo durante la storia recente della Spagna. Quando il colonnello Tejero entrò nel parlamento spagnolo, durante il colpo di stato più breve della storia, e sparò una raffica di mitraglietta contro il soffitto, tutti i parlamentari si ripararono prontamente sotto i banchi, tranne appunto Carrillo che restò seduto tranquillo e si accese un sigaro.
Svolgere il ruolo di fulgido esempio di coraggio (e di incoscienza) serve forse ad entrare nei libri di storia, ma non a forgiare una società in grande trasformazione (nel caso dell’Italia involuzione), ed infatti il colpo di stato non fallì per il coraggio di un parlamentare ma per la resistenza di un giovane potente come il re di Spagna.
Non è per scaricare sulle spalle di altri un ruolo scomodo, ma il sigaro l’abbiamo ormai fumato tutto: è venuto il tempo che altri giovani cittadini (potenti o normali) entrino nel gioco e ci dicano cosa fare. La Rete, almeno in Italia, non è più un paese per vecchi.
Lo Slog (Static Blog) di Marco Calamari
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