Di tanto in tanto capita di leggere, sulla carta stampata più spesso che in Rete, articoli veramente interessanti, anzi decisamente stuzzicanti: è questo il caso dell’ articolo dell’ottimo Alessandro Baricco “2026, la vittoria dei barbari”.
Con una finzione narrativa che ambienta la sua cronaca appunto nel 2026, Baricco sostiene che il pensiero analitico “in profondità”, il metodo di approfondire la conoscenza come ci è stato insegnato a scuola e che alcune persone (ahimè poche) praticano effettivamente nella vita e nel lavoro, è ormai in via di estinzione. Il motivo? Il fatto che la Rete stia abituando tutti i suoi abitanti a muoversi da un concetto all’altro in maniera velocissima ed efficace, molto più che in passato: ma che il ragionamento che ne consegue è diverso, fatto non di chiaroscuri ma solo di bianco e di nero.
Una specie di logica binaria quindi, un pensiero forse efficace, di più o di meno rispetto a quello “in profondità” non si sa, certamente completamente diverso e che quindi ci porterà in luoghi diversi. Migliori o peggiori? L’articolo, decisamente provocatorio, finisce qui ed ha suggerito un seguito ancora più provocatorio a Cassandra.
Coloro che si occupano od anche solo si interessano di astrofisica e di cosmologia avranno probabilmente sentito parlare del “principio olografico”, nato dai primi studi teorici sui buchi neri e compatibile con la teoria delle stringhe e delle brane .
Esso ipotizza che la terza dimensione spaziale (che appunto chiamiamo “profondità”) in realtà non esista ma sia solo un illusione, una nostra modalità di percezione. Enunciato in termini elementari, il principio olografico nasce dalla constatazione che durante la caduta in un buco nero la materia tridimensionale si “spiaccica” dal punto di vista dell’informazione sulla superficie bidimensionale del buco nero, pur conservando tutta l’informazione che possedeva. Per questo motivo, proprio come la pellicola bidimensionale di un ologramma riesce a ricostruire le informazioni tridimensionali di un oggetto, è possibile che ad un livello più dettagliato, più vero, il nostro universo possa in effetti essere a due dimensioni solamente anche se noi, olograficamente, ne percepiamo tre.
Vivremmo in Flatlandia quindi: buongiorno signor Quadrato.
E per complicare ulteriormente, ma in compenso portare alla conclusione questa fuga in avanti, non resta che da richiamare il concetto di Macchina di Turing nella sua versione a nastro, o monodimensionale, che dovrebbe poter calcolare qualsiasi funzione calcolabile. Questa congettura ipotizza che per ogni problema calcolabile esista una particolare macchina di Turing monodimensionale in grado di risolverlo. Esiste infine la Macchina di Turing Universale, che permette di simulare qualsiasi Macchina di Turing, e quindi di risolvere per suo tramite qualsiasi problema calcolabile con una macchina di Turing.
Sembrerebbe quindi che possa costruirsi anche in ambiti molto più scientifici l’assonanza che la efficacia, la profondità di pensiero sia in realtà indipendente dai metodi analitici e di approfondimento usati dall’alba dell’uomo fino alla comparsa degli uomini dal “pensiero piatto”, dei Nativi Digitali . E che quindi modalità di pensiero totalmente diverse possano in realtà davvero dimostrarsi almeno equivalenti, e magari migliori, di quelle del pensiero analitico classico.
L’idea del “Pensiero Superficiale” come metodo potente almeno, od anche più, del pensiero analitico può adesso sembrare un po’ meno campata in aria di prima, almeno a Cassandra. Quindi la prossima volta che assisterò alla vita intellettuale di un adolescente immerso nei suoi device digitali sarò molto più interessato e rispettoso.
(NdA: anche oggi sono “pulito” come sempre, niente alcool o droghe)
Lo Slog (Static Blog) di Marco Calamari
Tutte le release di Cassandra Crossing sono disponibili a questo indirizzo