Si dice che il dono dei profeti sia vedere il futuro, almeno limitatamente ad un periodo od un fatto, e magari solo in maniera confusa e sfuocata. Tale era il dono della figlia di Priamo e delle sue emule terrene.
Di alcune persone particolarmente capaci od intuitive si dice che nel loro campo sono “profeti”, mentre il termine più esatto sarebbe probabilmente “innovatori”: persone che, guardando il presente, riescono non solo ad immaginare ma anche a realizzare un brandello di profezia materializzata, una invenzione appunto.
Una novità costruita partendo dal presente e dal lavoro di tutti coloro che il presente hanno contribuito a creare.
Ma “vedere il presente” sembra una banalità, quasi una tautologia, una cosa che tutti fanno sempre, di cui tutti sono capaci.
Beh, non è proprio cosi.
Vedere il presente, in tutte le sue sfumature ed aspetti non evidenti è esercizio difficilissimo, e che quando riesce non viene sempre considerato dote profetica od almeno intuitiva. Viene spesso preso sottogamba e definito “paranoia”.
Ovviamente, a parere di chi scrive, non lo è.
Continuare a considerare alcuni oggetti comuni e familiari solo versioni migliorate di quelli di un recente passato significa chiudere gli occhi e rifiutarsi di vedere ciò che ci circonda.
La maggior parte degli oggetti di uso comune che fanno parte del nostro quotidiano hanno solo la forma e la funzionalità principale di quelli di dieci o venti anni or sono. Il vostro cellulare è un computer programmato e controllato via radio anche da remoto, che vi permette di telefonare utilizzando una SIM che a sua volta viene programmata da remoto per eseguire operazioni che non devono (per progetto) essere percepite dall’utente.
I vostri computer… Beh, se già non ne siete convinti lasciamo perdere, ma ricordatevi che anche iPad ed i lettori di ebook sono computer a tutti gli effetti, con le stesse “caratteristiche” dei telefoni.
È notizia recente un esempio ancora più azzeccato: le autovetture che si autoaggiornano.
Le persone della mia generazione si ricordano di auto fatte di ferro, con motori meccanici con qualche parte elettrica. Poi i primi componenti in parte elettronici sono apparsi, ma si trattava di elettronica industriale non programmabile. Poi le prime centraline di accensione e carburazione, queste sì programmabili, con grande gioia e guadagno di chi vendeva una EEPROM modificata a 500 euro.
Al contrario, le macchine in vendita oggi non sono nemmeno in grado di cominciare ad avviarsi se gli svariati computer di bordo non sono operativi ed eseguono i loro programmi, parlandosi spesso anche tra loro.
Oggi, quando portate l’auto a fare il tagliando, le vengono molto spesso praticati, ovviamente a vostra insaputa (tanto non ve ne frega niente), aggiornamenti software di quello che sulle vetture di lusso viene definito C.O.S. – Car Operating System (sistema operativo per auto), e sulle utilitarie “software”. Non si tratta di accensioni elettroniche programmate con 16 kB di memoria, ma per le stesse dichiarazioni autocelebrative delle case automobilistiche, di “milioni di righe di codice”. Codice proprietario ed industriale, ovviamente, chiuso ed oscuro nelle sue funzionalità, non ispezionabile e perciò di livello qualitativo pari a quello che la casa automobilistica vuole realizzare e può permettersi.
Dulcis in fundo, ormai collegare una autovettura alle reti informatiche WiFi e telefoniche 3G-UMTS ha costi per l’acquirente minori di 100 dollari, e quindi sempre più vetture, partendo da quelle più lussuose, sono in grado di ricevere e trasmettere informazioni sia attraverso la Rete che direttamente via connessione telefonica. E parliamo di una funzionalità di connessione a prezzo decrescente e sopratutto ad utilità crescente per il fabbricante. Tempo 5, massimo 10 anni e sarà anche nelle utilitarie.
Di poche settimane fa è l’ annuncio che la sedan Model-S di Tesla Motors sta per ricevere via radio il primo aggiornamento firmware automatico (e non rifiutabile) da parte della casa madre. E, tanto per capire complessità e dimensione, parliamo di un upgrade che dura due ore.
Intendiamoci, personalmente sono affascinato dai veicoli completamente elettrici della Tesla (ed anche dalla figura dello scienziato da cui hanno ereditato il nome) ed avere un Roadster in un garage mi è impedito solo dal prezzo di ciascuno dei due beni. Sarebbe interessante poter avere i dettagli di questo aggiornamento, e capire quali automatismi siano previsti per poter ripristinare il vecchio software se l’aggiornamento avesse problemi, o se il figlio brufoloso del vostro vicino decidesse di sperimentare un software modificato inviandovelo dal suo router casalingo.
Certamente queste protezioni ci saranno e saranno definite “infallibili ed a prova di hacker”.
Ed ovviamente è solo per “motivi di sicurezza” che “non vengono fornite informazioni agli acquirenti” che “non acquistano il software insieme alla macchina”, ma solo una “licenza d’uso limitata” a quel solo veicolo.
Un po’ come gli altri software commerciali che ci circondano e che vengono spesso e ripetutamente violati da ragazzini che vogliono divertirsi, ma anche, e sempre più spesso, da cybercriminali.
Ed ovviamente le funzionalità non primarie e nascoste di questi oggetti non saranno al servizio solo dei fabbricanti, ma anche della autorità e dei governi che ne richiederanno l’utilizzo, dei criminali che riusciranno ad abusarne e, forse, in qualche raro caso e proprio se tutti gli altri saranno d’accordo, anche di chi si crede orgoglioso proprietario ed invece è l’ultima ruota del carro. Forse nei futuri contratti l’acquirente sarà definito “proprietario limitato” o “proprietario a sua insaputa”.
Per cui, siete proprio sicuri di vedere sempre il vostro presente?
O non sarebbe il caso di essere più parsimoniosi nel distribuire il titolo di “paranoici” (che resta comunque sempre una virtù) e cominciare ad aguzzare gli occhi?
Preoccupandosi di vedere, tanto per cominciare, il volto nascosto ma reale di tanti familiari oggetti quotidiani.
Marco Calamari
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