Ancora una sentenza in materia di diritto d’autore, software e download. Stavolta a pronunciarsi è la Terza Sezione della Corte di Cassazione, che lo scorso 9 gennaio ha emesso la sentenza n. 149. La Corte è stata chiamata a pronunciarsi a seguito di ricorso avverso sentenza emessa dalla Corte di Appello di Torino, sentenza di conferma della pronuncia di colpevolezza di due studenti in ordine ai reati di cui agli artt. 171 bis e 171 ter legge diritto d’autore (la famigerata n. 633/41).
L’attuale previsione normativa
Anzitutto è bene ricordare che dopo le varie e spesso ravvicinate modifiche, ad oggi le due disposizioni di legge si sono “assestate” sulle seguenti versioni: l’ art. 171 bis prevede la punibilità da sei mesi a tre anni, di chiunque abusivamente duplica, per trarne profitto, programmi per elaboratore o ai medesimi fini importa, distribuisce, vende, detiene a scopo commerciale o imprenditoriale o concede in locazione programmi contenuti in supporti non contrassegnati dalla Società italiana degli autori ed editori (SIAE).
L’ art. 171 ter punisce con la reclusione da sei mesi a tre anni chi per uso non personale ed a fini di lucro, abusivamente duplica, riproduce, trasmette o diffonde in pubblico con qualsiasi procedimento, in tutto o in parte, un’opera dell’ingegno destinata al circuito televisivo, cinematografico, della vendita o del noleggio, dischi, nastri o supporti analoghi ovvero ogni altro supporto contenente fonogrammi o videogrammi di opere musicali, cinematografiche o audiovisive assimilate o sequenze di immagini in movimento; chi abusivamente riproduce, trasmette o diffonde in pubblico, con qualsiasi procedimento, opere o parti di opere letterarie, drammatiche, scientifiche o didattiche, musicali o drammatico-musicali, ovvero multimediali, anche se inserite in opere collettive o composite o banche dati.
Per primo grado e Corte di Appello gli imputati erano colpevoli…
I giudici dei procedimenti precedenti avevano ravvisato entrambi i reati nei confronti di due soggetti che avevano creato, gestito e curato la manutenzione di un sito ftp mediante un PC esistente presso l’associazione studentesca del Politecnico di Torino, sul quale venivano sostanzialmente effettuati download di programmi ed opere cinematografiche tutelate dalla legge sul diritto d’autore. Tali programmi una volta scaricati potevano essere prelevati da determinati utenti che avevano un accesso al server, conferendo a loro volta altro materiale informatico sul server stesso.
La punibilità degli imputati era basata sull’osservazione che l’attività da loro posta in essere implicava come passaggio obbligatorio, la duplicazione dei programmi relativi alle opere protette – violazione del diritto d’autore per trarne profitto – ed il successivo download, violativo del diritto d’autore in quanto fatto commesso per uso non personale (disponibilità a favore dei terzi) con fini di lucro.
… secondo la Cassazione invece…
La Corte di Cassazione ha anzitutto escluso la configurabilità del reato di duplicazione abusiva – e quindi il reato di cui all’art. 171 bis – in quanto la duplicazione non è operazione propedeutica al download , ma concetto ben diverso. Difatti la duplicazione non era attribuibile a chi originariamente aveva effettuato il download, ma a chi si era salvato il programma prelevando i files necessari dal server su cui erano disponibili.
Per quanto concerne invece il reato di cui all’art. 171 ter, essendo che nello stesso è previsto quale elemento costitutivo del reato il fine di lucro, secondo la Corte di Cassazione è possibile escludere tale fine nel caso di specie.
Difatti il legislatore, che più volte è intervenuto nella legge a tutela del diritto d’autore alternando nei vari reati i fini di lucro a quelli di profitto, ha messo in risalto la netta distinzione tra i due concetti.
Lo scopo di lucro è rintracciabile laddove vi sia il perseguimento di un vantaggio economicamente apprezzabile; lo scopo di profitto include ogni mero vantaggio morale . In questo caso la messa a disposizione dei programmi mediante attività di download non configura alcun lucro (elemento richiesto dal 171 ter) poiché le attività sono state effettuate gratuitamente.
Decisione finale: la Corte di Cassazione ha annullato le precedenti sentenze di condanna degli imputati, ritenendo che la fattispecie oggetto del processo non costituisca fatto previsto dalla legge .
Interessante conclusione anche alla luce della continua incertezza vigente nella materia.
Avv. Valentina Frediani
www.consulentelegaleinformatico.it
www.consulentelegaleprivacy.it