Utilizzare il telefonino aziendale o la connessione a Internet per scopi privati non prefigura reato secondo la Corte di Cassazione. Ma solo a patto che le spese siano contenute .
La Suprema Corte ha confermato il non luogo a procedere pronunciato dal giudice dell’udienza preliminare di Verbania nei confronti di un dirigente dell’Ufficio tecnico del comune di Stresa, accusato di peculato per aver usato il cellulare di lavoro per mantenere contatti con i suoi amici e familiari. Inoltre, l’indagato si era collegato a Internet in ufficio per ragioni del tutto personali.
Secondo il giudice di merito, la reiterazione delle condotte “comportavano modesti costi” e, dunque, era rilevabile “l’assenza di atti appropriativi di valore economico sufficiente per la configurabilità del delitto di peculato”. Secondo tale orientamento non è configurabile neppure il reato di abuso d’ufficio, poiché manca l’elemento costitutivo del reato, consistente nell'”ingiusto vantaggio patrimoniale rappresentato da un effettivo e concreto incremento economico del patrimonio del beneficiato quale conseguenza della condotta abusiva”. Stesso discorso per l’uso della rete Web, poiché il Comune aveva un abbonamento a costo fisso per la navigazione.
Tirata in causa dal procuratore generale di Torino e dal procuratore capo di Verbania, discordi con la decisione del giudice preliminare, la Corte di Cassazione, attraverso la sesta sezione penale, ha respinto i ricorsi, confermando (sentenza 41709/10) sostanzialmente l’interpretazione del giudice. Secondo Piazza Cavour, tutte le sentenze pronunciate “sono concordi nel ritenere che danni al patrimonio della pubblica amministrazione di scarsa entità finiscono per essere irrilevanti per rivelarsi le condotte inoffensive del bene giuridico tutelato”. Nel caso di specie, si parla di una spesa di circa 75 euro di credito telefonico consumato entro un arco temporale di due anni , per contatti di breve durata con un numero ristretto di persone. Tali considerazioni si adeguano facilmente anche all’uso della connessione a Internet, dato che il Comune aveva stipulato con un operatore telefonico un abbonamento di tipo flat.
Dunque, secondo i massimi giudici italiani, l’uso privato dei servizi della pubblica amministrazione non cosituisce necessariamente un reato. È tutta una questione di proporzioni: laddove non viene ravvisato un concreto incremento economico da parte dell’indagato, quindi un vantaggio ingiusto, si è di fronte a un comportamento lecito.
Cristina Sciannamblo