Anno Domini 2024. All’alba di un’era dominata dall’intelligenza artificiale e segnata dalla pressoché totale digitalizzazione delle interazioni, si torna a discutere di cellulare sì
o cellulare no
a scuola. A farlo è Giuseppe Valditara, ministro dell’istruzione e del merito, a cui va riconosciuto il merito (appunto) di aver riportato in auge un tema, a quanto pare, da molti ancora ritenuto di importanza fondamentale, quello relativo all’utilizzo dei telefonini in aula.
Buona didattica e cellulare? Impossibile
Consapevoli di come un ministro non impieghi mai parole a sproposito, figuriamoci quello dell’istruzione (e del merito), scegliendole in modo attento e senza dare adito a fraintendimenti, dobbiamo attribuire, senza nemmeno interpretarla, la decisione di vietare i dispositivi mobile sui banchi a un suo personalissimo punto di vista. È ciò che l’ha portato a firmare la circolare che vieterà l’impiego della tecnologia da parte degli alunni, fino alle scuole medie. Di seguito un estratto dall’intervento al convegno “La scuola artificiale: età evolutiva ed evoluzione tecnologica”, in scena questa settimana a Palazzo San Macuto, Roma. La registrazione è stata pubblicata in forma integrale sul sito della Camera dei deputati.
Ho firmato una circolare che vieta dal prossimo anno scolastico l’utilizzo del cellulare a qualsiasi scopo, anche didattico, perché io non credo che si faccia buona didattica con un cellulare fino alle scuole medie. E questo ovviamente non significa l’uso del tablet o del computer, che devono essere però utilizzati sotto la guida del docente.
Niente cellulare, dunque, come auspicato tra gli altri anche da UNESCO, ma tablet e computer sì. È questione di form factor? Stabiliamo che sotto i 7 pollici di diagonale dello schermo no e sopra invece sì? Con la connettività solo Wi-Fi è ok, mentre con 4G e 5G scatta il ban? E i phablet, se ancora esistono, sono ammessi? Poi, perché cellulari
e non smartphone? Vale solo per i vecchi Nokia?
Anziché affiancare gli alunni nella comprensione dello strumento, delle opportunità che offre e dei rischi che porta con sé, insegnando loro a utilizzarlo in modo corretto, proprio in quella fascia di età che li vedrà comunque trascorrere del tempo con gli occhi incollati a un display una volta rientrati tra le mura di casa, la scuola decide di delegare il compito esclusivamente ai genitori. Perché, come tutti ben sappiamo, loro sanno per certo quali sono i pro e i contro della tecnologia, come tutelare i loro pargoli, con il ben noto approccio illuminato che li caratterizza.
Tutto questo senza considerare che, già oggi, gli istituti proibiscono l’impiego dei dispositivi personali durante le lezioni, prevedendo eccezioni nei casi di necessità. Semmai, potrebbe tornare utile uniformare le regole da applicare, tenendo in considerazione le esigenze dettate dal contesto reale e non da questioni di principio. Alcune scuole, poi, hanno completamente abbandonato i libri cartacei e, a volte, non c’è un tablet per ogni alunno.
I compiti, sul diario (quello di carta)
Ce n’è anche per il registro elettronico. Rimarrà, ma sarà affiancato dal ritorno del diario cartaceo (che in realtà non se ne era mai andato, per rendersene conto sarebbe stato sufficiente aprire uno zaino).
In questo modo, i nostri ragazzi
si riabitueranno al rapporto con penna e carta. Non sappiamo quanto tempo si dedichi quotidianamente, in aula, all’assegnazione dei compiti, ma siamo piuttosto certi che, nella normale attività didattica, penna e carta siano ancora di uso comune. Così parlò Valditara.
Con quella rivoluzione per cui bisognava andare verso le nuove tecnologie sempre e comunque, i compiti a casa venivano messi sul registro elettronico, su quella scheda elettronica che un bambino era costretto a consultare oppure doveva ricorrere ai genitori. Fermo restando che i genitori continueranno a essere avvisati con questo strumento, ho disposto che per il prossimo anno scolastico e per gli anni successivi, ritorni il diario di una volta, dove il bambino segna a penna che cosa deve fare per domani, per dopodomani, e i compiti a casa. Il genitore potrà controllare, se il figlio non gli fa vedere il diario, però così il bambino si abitua a scrivere. Noi dobbiamo riabituare i nostri ragazzi al rapporto con la penna e con la carta.
Aggiornamento: nella pubblicazione originale dell’articolo era stato colpevolmente dimenticato l’intervento su X del ministro, che chiarisce alcuni punti fondamentali. Niente cellulare, nemmeno per scopi didattici, fino alla terza media. Perché, secondo UNESCO e OCSE (come ha il merito di ricordarci Valditara), ha un effetto negativo anche sulla capacità di sviluppare la fantasia
.