Dopo aver saputo delle (presunte) capacità della NSA (National Security Agency) di intercettare i cellulari anche da spenti sul Washington Post , gli attivisti di Privacy International hanno deciso di vederci chiaro chiamando direttamente in causa le principali aziende attualmente impegnate nel mercato dei gadget mobile.
La richiesta di informazioni era diretta a 8 diverse corporation (Apple, Ericsson, Google, HTC, Microsoft, Nokia, RIM, Samsung) e intendeva svelare l’esistenza di eventuali componenti di un cellulare (hardware e/o software) in grado di rimanere attivi anche con il terminale spento, oltre alla capacità di ricevere comandi esterni anche in tale stato di “stand-by invisibile”.
Le abilità spionistiche della NSA citate dal Washington Post venivano definite come “una nuova tecnica” messa a punto nel settembre del 2004, anno in cui l’attuale mercato degli smartphone e gadget mobile evoluti era ancora ben lungi da venire. Ci ha poi pensato lo scandalo Datagate a generare il sospetto su qualsiasi possibilità di spionaggio a disposizione dell’intelligence statunitense, fosse anche la più remota e improbabile.
Nel frattempo le risposte all’indagine di Privacy International cominciano ad arrivare , e le prime aziende a rispondere sono state Ericsson, Google, Nokia e Samsung. Il tono comune delle risposte sottolinea come le aziende non siano attualmente a conoscenza di eventuali possibilità di tracciamento quando un terminale è spento.
Senza l’energia fornita dalla batteria i componenti hardware non funzionano e il software non esiste in memoria, spiegano le corporation, e Google dice di non aver alcuna capacità di “attivazione remota” di Android. L’unica sfumatura possibilista prende in considerazione la possibilità che un terminale sia infetto: in questo caso un malware sofisticato potrebbe simulare una batteria a corto di energia tenendo l’intero terminale sotto scacco.
Alfonso Maruccia