New York (USA) – Fallisce il tentativo dei rappresentanti del piccolo azionariato della Grande Mela di riportare BigG sulla strada dei diritti dei netizen nei paesi nemici di Internet: la risoluzione presentata dal Comptroller di New York William C. Thompson, pensata per far impegnare formalmente Google sul fronte dei diritti digitali dei suoi utenti è stata rigettata dalla riunione degli azionisti tenutasi nei giorni scorsi.
Nulla hanno potuto le circa 700mila quote azionarie dei fondi pensione integrativi gestiti dal Comptroller contro le esigenze corporative di Mountain View: con i loro 338 milioni di dollari di valore totale, le azioni rappresentano soltanto lo 0,2% dell’intero valore delle quotazioni di borsa di Google , una cifra con poche possibilità di incidere sulla granitica volontà di un gigante finanziario come BigG.
Declinando un commento nel merito della questione, Peter Fleischer, consulente globale sulla privacy della società, ha rilasciato alcune dichiarazioni sul tema sollevato dall’iniziativa di New York City, ovvero l’opportunità e i modelli etici e comportamentali da seguire nell’intrattenere affari con i paesi in cui la censura e il soffocamento del dissenso in rete sono all’ordine del giorno.
È già sin troppo difficile così poter operare nel pieno rispetto delle leggi locali cercando nel contempo di evitare conflitti potenzialmente enormi, sostiene Fleischer, ed è sempre stato l’intento di Google quello di offrire a tutti i suoi utenti, indipendentemente dalla parte del mondo in cui si trovino un unico, un forte modello di protezione dei dati sensibili.
Fleischer cita le recenti modifiche apportate alla politica societaria di data retention a dimostrazione di siffatta volontà. Il Comptroller ribatte che non è tanto la possibilità di archiviare i dati il problema, quanto il conservarli in quei paesi che hanno dato prova di essere liberticidi e poco rispettosi di concetti quali privacy e diritto ad un trattamento equo delle informazioni sensibili.
Thompson rimane comunque convinto che qualcosa vada fatto e intende continuare la battaglia , indirizzando questa volta le sue proposte a Yahoo! e Microsoft. Ma non è detto che gli vada meglio: controlla in tutti i casi solo quote ridottissime, che difficilmente gli concederanno libertà di movimento.
La determinazione delle big company come Google di ottemperare alle richieste dei governi locali, indipendentemente da altre considerazioni sui diritti civili, viene tra l’altro messa in evidenza da un episodio di censura su YouTube , avvenuto proprio nello stesso giorno in cui veniva respinta la mozione del Comptroller di New York.
I videoclip considerati offensivi nei confronti del re Bhumibol Adulyadej, venerato come una semidivinità in Thailandia, verranno infine rimossi dal portale video, dichiara ora BigG. Le clip avevano suscitato scalpore un mese addietro, provocando il blocco totale di YouTube nel paese. La cancellazione degli spezzoni farà augurabilmente tornare alla piena operatività il sito, ed eviterà a Google il fastidio di un processo in tribunale già minacciato dal governo di Bangkok.
Alfonso Maruccia