L’argomento slate è quasi tabù dalle parti di Redmond, ma durante il Consumer Electronic Show di quest’anno la mamma di Windows ha rinnovato la fiducia al sistema Surface , che punta su display multi-touch decisamente più “grandi” di quelli utilizzati dai tablet PC.
Il futuristico sistema Surface 2.0, presentato da Steven Sinofsky, resta infatti uno dei protagonisti del keynote Microsoft. La tecnologia è stata aggiornata con nuove interessanti caratteristiche , che spaziano dalle dimensioni molto più contenute dello schermo interattivo, ai nuovi e potenti tool di tracciamento. Il nuovo Surface “slim” presentato a Las Vegas, realizzato insieme alla coreana Samsung, può essere tranquillamente posizionato in verticale, come il più classico dei dispositivi TV.
La cura dimagrante del nuovo hardware (Samsung SUR40) è basata su PixelSense , tecnologia che riesce a riconoscere ogni singolo pixel sfiorato, senza videocamere, sfruttando solo il touch e gli infrarossi. Nella dimostrazione del CES, Sinofsky ha appoggiato un semplice foglio scribacchiato sopra lo schermo LCD Gorilla Glass (noto per la sua resistenza agli urti) e il pannello si è trasformato in un grosso scanner-ocr, in grado di distinguere le differenze tra il testo e l’oggetto, rappresentato dalla pagina bianca.
Il tavolino Microsoft di seconda generazione, equipaggiato con una versione embedded di Windows 7 Professional a 64-bit, è apparso più scattante e molto più completo. Gli ingegneri hanno lavorato duro anche per ottimizzare i controlli riferiti alle impostazioni di base e per rendere ancora più semplice lo sviluppo di nuove applicazioni touch dedicate alla piattaforma.
A gestire il tutto una scheda grafica Radeon HD 6700M fornita da AMD e un processore dual-core Athlon II X2. Anche il prezzo di questo intrigante aggiornamento slim ha subito un restyling, scendendo dai 10.000 dollari al pezzo della prima generazione, a 7.600 dollari. Tra i primi clienti interessati all’acquisto del nuovo intrigante sistema, ancora poco “casalingo”, la catena Sheraton Hotel e la Royal Bank canadese.
Roberto Pulito