La riflessione si accende sul Wall Street Journal, ma non è certo nuova per chiunque studi o gestisca le dinamiche della comunicazione aziendale interna: le chat aziendali (in qualunque forma si presentino, ma soprattutto nelle forme nuove più estese in stile Slack) sono al tempo stesso un acceleratore per le informazioni e una mina vagante per le relazioni.
Nulla di nuovo, nulla di imprevedibile, nulla di sorprendente, anzi: accorgersene ora profuma di ingenuità. Tuttavia non solo non va sottovalutata tale dinamica, ma nemmeno va sottovalutata la sua stessa percezione: accorgersi in ritardi dei disequilibri creati produrrebbe semplicemente ulteriori tossine difficili da smaltire.
Chat aziendali, pregi e virtù
Laddove il Wall Street Journal sposta le responsabilità sugli strumenti, noi vorremmo spostarle sulla cultura aziendale al dialogo. Lo strumento ha chiaramente un ruolo attivo in tutto ciò, ma spostare le responsabilità su Slack e simili nasconderebbe la necessità di aziende e professionisti all’adattamento.
Secondo l’editoriale firmato da Chip Cutter e Aaron Tilley, la preoccupazione starebbe emergendo in seno a CEO che si trovano costretti a dirimere nuovi attriti interni a seguito di quanto veicolato tramite le chat. Laddove meglio e più velocemente circolano le informazioni, al tempo stesso si consumano frizioni nuove e spesso inattese, nate nella nuova trama di tempi, locuzioni e modalità che generano incomprensioni, disallineamenti e tensioni. Quella che doveva essere un’opportunità diventa improvvisamente un rischio, tanto che le analisi più superficiali potrebbero portare presto parte delle aziende a fare improvvidi passi indietro alla stregua del “si stava meglio quando si stava peggio”.
Le chat di lavoro possono amplificare gli attriti interni, contribuire a dividere le aziende così come i social media dividono i Paesi
Ma così non è: non “si stava meglio quando si stava peggio” perché il realtà meglio non si stava. Semmai i nuovi strumenti (e non vogliamo fare eccessivo riferimento a Slack perché la situazione è chiaramente diffusa e declinata su ognuno degli strumenti concorrenti nel medesimo comparto) spostano i rapporti da un piano “ufficio” ad un piano “virtuale”, facendo emergere medesime dinamiche, esacerbandone alcune e celandone altre. Quando cambia il canale di comunicazione, inevitabilmente cambiano le regole del gioco di ruolo che è la realtà ed i rapporti professionali non vengono meno a questa dinamica.
Instant-messaging platforms like Slack have made communication simple when working virtually. But they have also become easy dumping grounds for grievances and passive aggressiveness. https://t.co/YtTnQCpsHB pic.twitter.com/Ffx6mPCmb9
— The Wall Street Journal (@WSJ) August 20, 2020
Il parallelo con le comunicazioni social è del tutto opportuna, poiché lo strumento è similare e può generare medesime distorsioni. In ambito azienda è però possibile tenere maggior controllo sui flussi comunicativi, dunque nessun brand può scaricare responsabilità sugli strumenti senza prima assumersi le proprie.
Un problema da non sottovalutare
Il 2020 è un anno cruciale per capire quanto sta accadendo ed il 2021 non sarà da meno, soprattutto negli Stati Uniti. Il motivo è unico e chiaro: il coronavirus ha imposto nuove dinamiche di lavoro a distanza ed i lockdown diffusi hanno imposto un nuovo modo di lavorare dall’oggi al domani. In Italia la situazione si è parzialmente rasserenata ad inizio estate e si spera che i problemi di questi giorni restino sotto controllo, ma negli USA la situazione è tutt’altro che domata: sono ormai molte le aziende che hanno assunto lo smart working come nuova modalità standard di interazione. In questa situazione gli strumenti di comunicazione diventano fondamentali, asset dominante nelle dinamiche quotidiane di collaborazione. Ogni cambiamento ed ogni scelta vengono dunque ad avere ruolo fondamentale, così come il modo di porsi dei dipendenti, il modo di interagire tra di loro, il modo di collaborare. Così come nelle dinamiche di ufficio ci sarà chi si impone e chi soverchia le linee di comando; chi occupa il canale in modo spropositato e chi invece tende a lavorare dietro le quinte; chi costruisce la propria posizione con fare oppositivo e chi invece mette al primo posto il gioco di squadra.
Distribuzione di meriti e priorità in questo nuovo contesto aiuteranno a far comprendere una nuova serie di regole fondamentali, un codice d’onore che dovrà imporre una riflessione prima di ogni “Invia”. Ogni messaggio va infatti responsabilizzato, a maggior ragione poiché lascia tracce scritte ed impone feedback e reazioni altrui. La comunicazione interna ha costi in termini di tempo e di attenzione e deve poter fluire generando vantaggi che siano maggiori rispetto a quanto investito nella comunicazione stessa. Va codificata e assistita, ma soprattutto deve diventare parte integrante della cultura aziendale (prima ancora che delle regole interne di collaborazione). Vogliamo chiamarla Netiquette? Vogliamo far riferimento più direttamente al concetto di “Educazione”? Entrambi i casi sono validi, ma occorre andare oltre poiché oltre si è spostata l’asticella.
La sfida per le aziende sarà importante ed affrontarla è un imperativo nella misura in cui lo smart working andrà ad imporsi ed il contesto esterno isolerà l’azienda (oltre che i dipendenti). La dimensione “Ufficio” non era migliore della dimensione “Slack”, era semplicemente differente. Il giudizio relativo alle differenze compete al tempo ed all’esperienza, ma soprattutto alla capacità di adattamento