Nel mese di luglio, OpenAI si è vista costretta a disattivare in tutta fretta la funzionalità Browse with Bing di ChatGPT, lanciata un paio di mesi prima in esclusiva per i suoi abbonati premium, a causa di alcuni problemi emersi in seguito alla distribuzione. Ora la caratteristica è tornata disponibile e presto sarà possibile sfruttarla anche senza mettere mano al portafogli.
ChatGPT può ora navigare su Internet e fornire informazioni aggiornate e autorevoli, completandole con link diretti alle fonti. Non è più limitato alle ai dati antecedenti il settembre 2021.
Browser with Bing torna disponibile in ChatGPT
Il team al lavoro sul servizio afferma di aver raccolto feedback utili al miglioramento della feature, introducendo una serie di aggiornamenti con l’obiettivo, tra le altre cose, di seguire le istruzioni contenute nei file robots.txt e di identificare correttamente gli user agent, così che i siti possano controllare le modalità di interazione del chatbot. Tra le ragioni che avevano portato allo stop c’era proprio il mancato rispetto dei paywall oltre che delle protezioni imposte da editori e creatori per tutelare i loro contenuti.
La caratteristica è dunque ora nuovamente disponibile, seppur al momento ancora riservata agli abbonati Plus ed Enterprise. Presto, però, sarà resa accessibile a tutti, anche ai non paganti (non è stata fornita una tempistica precisa).
ChatGPT can now browse the internet to provide you with current and authoritative information, complete with direct links to sources. It is no longer limited to data before September 2021. pic.twitter.com/pyj8a9HWkB
— OpenAI (@OpenAI) September 27, 2023
Per poter far leva sulle potenzialità di Browse with Bing, all’interno di ChatGPT, effettuando così l’accesso alle informazioni online aggiornate, è necessario selezionare il modello GPT-4 e attivare l’apposita opzione.
La questione relativa alle modalità di accesso alle informazioni e ai contenuti è piuttosto delicata per il servizio di OpenAI. Nell’ultimo periodo, l’organizzazione ha dovuto fare i conti con diverse cause legali inerenti a presunte violazioni del copyright, attirando le ire, tra gli altri, anche di autori del calibro di George R.R. Martin e John Grisham.