Salve, sono quel ragazzo che aveva scritto la lettera per il ponte WiFi difficoltoso in provincia di Latina, che avete pubblicato qui. Un breve aggiornamento prima di passare all’argomento vero e proprio della lettera: la centrale di Borgo Hermada è ora raggiunta dal wholesale di T.I. oramai da almeno un annetto più o meno, mentre la mia centrale, Scafa di Ponte no. Per inciso,ho scoperto che nella mia centrale c’è connettività a banda larga di Fastweb, ma sembrerebbe solo per gli utenti business, tantopiù che nel forum di ADD e nel newsgroup dell’adsl mi hanno detto che potrebbe essere una connettività in hdsl, notoriamente più costosa dell’adsl. Quindi di nuovo speranze svanite.
Vi scrivo la presente perché già da parecchio tempo mi sorge una domanda: ma è davvero “Internet” questa?
Mi spiego meglio, premettendo: quando mi parlarono le prime volte di questa fantomatica “Internet” e ne sentii parlare le prime volte in TV dai telegiornali, ero meravigliato: in pratica avevo capito l’idea di “Villaggio globale” dove tutti comunicavano con tutti a costi relativamente bassi e soprattutto c’era tutto un potenziale da sviluppare nato da questo concetto di collettività culturale a livello mondiale (anche se molte cose ovviamente le ho capite col passare del tempo su questa “internet”).
Ora, il concetto base di Internet che avevo capito era che praticamente la rete è basata sulla vecchia Arpanet che doveva funzionare sempre anche in caso di attacchi nucleari, e quindi per avere la garanzia di funzionamento anche in caso di mancanza di connettività, le informazioni vengono instradate tramite altri rami della rete. Io avevo capito in breve, che questo concetto di rete a maglia era esteso anche agli utenti finali, ovvero ogni utente veniva collegato con *almeno* 2 utenti (e non uno solo) in modo da funzionare sia come fruitore della rete sia come nodo della stessa! E quindi fare parte realmente di una collettività, essendo in pratica sia fornitore che fruitore della stessa.
E invece no, quella che abbiamo ora è una rete ad albero, di tipo venale, e non intendo solo in senso “monetario”, ma anche proprio metaforico comparandolo al sistema circolatorio sanguigno comune agli esseri viventi: la vena aorta è il backbone, le vene sono le connessioni atm verso le centrali, dalle quali partono i capillari che sono o le adsl o le connessioni dial-up, a seconda della copertura.
Questo modello di connettività è il miglior modello commerciale, senza dubbio: un fornitore fornisce la connettività a più clienti i quali non possono far altro che “succhiare” la banda, anzi meglio la connettività (perché non tutti scaricano soltanto, molti hanno esigenze di banda in upload) da lì, e questo consente ovviamente di avere il massimo guadagno per il fornitore. E questo spiega anche perché chi è sfigato come me che neanche il progetto anti divide di Telecom lo coprirà se non magari quando potremo viaggiare a curvatura e il teletrasporto sarà realta, non è ne sarà
coperto: dove non c’è abbastanza clientela da soddisfare il rientro economico (mica solo le spese, dev’essere garantito un guadagno!) non si fornisce nulla! Alla faccia della parità dei diritti.
Questi qui sopra sono ovviamente i limiti che ben tutti sappiamo, e che secondo me potrebbero essere superati se la rete internet venisse concepita così come l’avevo capita io all’inizio, e quindi venisse veramente restituita a chi ne ha più diritto: NOI.
Se, come penso, si potesse creare una rete a maglia, i cui rami della maglia abbiano una banda anche non troppo elevata, dove ogni utente di Internet, e intendo la VERA internet, sia al contempo fornitore e utilizzatore, non solo la copertura a livello teorico dovrebbe essere praticamente garantita a tutti quelli che la necessitano, ma anche la banda di connessione a livello navigazione/utilizzazione, sia in upload che in download.
È chiaro che una tale configurazione di rete dovrebbe essere ben studiata e ben programmata, non certo buttata lì a caso senza affrontare le eventuali problematiche, come per es. quanta banda assegnare a ciascuno per garantire a lui e a tutti il traffico di dati.
È altresì chiaro che questo modello di rete è scarsamente commerciabile, o almeno credo, a meno che non si studino particolari modelli di business che si concentrino sulla fornitura di hardware ed eventuali cablaggi (laddove possibile, altrimenti semplice hw per il wireless) per la connessione inter-nodale tra i vari client/node, dove non si paga più a tempo o a consumo, ma si acquista letteralmente la possibilità di “stare su internet”, e intendo al 100%. Purtroppo mi rendo conto che se qualcuno vive in una zona scarsamente avanzata tecnologicamente e soprattutto dove non c’è molto interesse per “La rete”, si vedrà svantaggiato, ma secondo me una possibilità potrebbe avercela comunque, anche se magari gli costerà di più.
Insomma se la legge ci consentisse di poter connetterci tra di noi in qualunque modo (via cavo o senza fili) e crearci da soli una rete internet così come, sempre secondo me, dovrebbe essere, anche se a discapito delle grosse e MOLTO odiate compagnie di telecomunicazioni, ne guadagneremmo sicuramente tutti, sia a livello privato che a livello imprenditoriale.
Io stesso vorrei dare l’inizio ad una cosa del genere, ma purtroppo le mie risorse sono limitate, e soprattutto non saprei da dove cominciare. Di certo so che da qualche parte, in Italia o nel mondo, un modello simile di rete esiste: la mia ambizione sarebbe far diventare tale modello il modello mondiale di internet. Anzi, di *INTERNET*.
Gian Luca
Post Scriptum: dimenticavo, quanto ho scritto è anche perchè ho letto la lettera del signor Amos Dr Belvisi di Grosseto, che lamentava, come tanti altri che ho letto nel newsgroup dell’adsl e in altri forum, la lentezza delle dsl nostrane: se si potesse creare la rete a maglia, credo che i suoi problemi di banda, così come quelli di tanti altri, magari non sparirebbero del tutto, ma credo che almeno sarebbero altamente attenuati (leggasi: ci sarebbe sicuramente molta banda per tutti).