Le sue intenzioni ora sono chiare: negli scorsi giorni il nome di Viviane Reding , attuale Commissario per la Società dell’Informazione e dei Media in scadenza a ottobre, era stato reinserito nella rosa dei papabili a guadagnarsi un seggio per i prossimi cinque anni. Il suo nome, anzi, era circolato addirittura come possibile presidente della Commissione: difficile che ciò possa accadere, e qualche ostacolo potrebbe presentarsi anche nel percorso già battuto. Eppure, la scorsa settimana Reding è salita sul palco e ha tracciato le linee guida per altri 5 anni : e di certo non sarebbero cinque anni privi di novità.
Tanto vale partire da quello che è uno dei temi più scottanti del momento, il P2P: in Francia , e pure in seno alla UE, si discute di come arginare il fenomeno della pirateria digitale, di avvisi e disconnessioni coatte, senza riuscire a trovare un compromesso tra chi difende a spada tratta il diritto d’autore e chi, invece, pone l’accento sul diritto fondamentale dell’individuo ad accedere alla Rete . Secondo Reding si tratta di uno stallo che va superato: “Vorrei essere chiara – ha detto a Bruxelles, durante un convegno – entrambe le parti hanno ragione: il dramma è che dopo molte e spesso infruttuose battaglie, ora entrambe le fazioni si sono trincerate nelle rispettive posizioni, senza alcun segno di apertura per l’altra parte”.
Un problema tanto più delicato vista la realtà dei fatti: “Nel frattempo – ha proseguito il Commissario – la pirateria su Internet sembra essere diventata sempre più attraente, soprattutto per i nativi digitali, vale a dire la giovane generazione di massicci utilizzatori di Internet compresa tra 16 e 24 anni”. Un problema che rischia di esacerbare la questione, visto che che “Questa generazione dovrebbe diventare il fondamento della nostra economia digitale, dell’innovazione e delle nuove opportunità di crescita. Tuttavia, i numeri di Eurostat mostrano che il 60 per cento di questi individui ha scaricato materiale audiovisivo da Internet negli scorsi mesi senza pagarlo. E il 28 per cento afferma che non intende pagare affatto”.
Dunque, occorre riflettere su queste questioni: occorre “rendere più semplice l’accesso ai contenuti digitali”, anche come veicolo di promozione delle reti a banda larga di nuova generazione . È senz’altro “necessario punire coloro che violano la legge”: ma, si domanda Reding, “Esistono abbastanza offerte legali attraenti e consumer-friendly sul mercato? Il nostro attuale sistema legislativo per i Diritti sulla Proprietà Intellettuale è al passo con le aspettative della generazione Internet? Abbiamo considerato alternative alla repressione? Abbiamo davvero guardato alla questione attraverso gli occhi di un sedicenne? O solo attraverso gli occhi di un professore di legge che è cresciuto nell’Era Gutenberg?”.
Secondo il Ccmmissario, “la crescente pirateria su Internet è un segnale di sfiducia negli attuali modelli di business e impianti legislativi. E dovrebbe suonare come una sveglia per i policy-maker”. Il rischio, a detta di Reding, è che un ulteriore ritardo nella creazione di alternative compatibili con le abitudini e i gusti di coloro che, tra pochi anni, saranno gli adulti dotati delle maggiori capacità di spesa si trasformi in un boomerang: “Rischiamo di perdere una intera generazione di sostenitori della creatività artistica e dell’uso legale dei servizi digitali: economicamente, socialmente e culturalmente sarebbe una tragedia”.
Per questo, Viviane Reding punta a riunire attorno a un tavolo nei prossimi cinque anni tutti i soggetti coinvolti : altri commissari, detentori dei diritti, artisti e i consumatori – ivi compresi i più giovani, i nativi digitali che scaricano senza remore. “La mia priorità – ribadisce – sarà creare un apparato per l’accesso al contenuto digitale in tutta Europa come singolo mercato che sia semplice e consumer-friendly”: si riaffaccia dunque l’idea delle licenze globali, anche se nel discorso del Commissario non si chiariscono quali sarebbero le forme compensative adottate per rendere un mercato siffatto economicamente sostenibile.
Un’idea, quella delle licenze globali , che viene sostenuta fortemente anche da altri interlocutori coinvolti nella discussione: è il caso di BEUC , organizzazione continentale di rappresentanza dei consumatori, che neanche a farlo apposta ha presentato proprio in questi giorni un documento in cui il richiamo alla semplificazione e riunificazione del mercato dei diritti in Europa è molto forte. BEUC sostiene il principio del “one-stop-shop”, della singola macrolicenza che conferisca a chi la ottiene pari diritti e doveri in ogni stato dell’Unione: così da accelerare e migliorare la competizione e la competitività nel mercato del Vecchio Continente.
I problemi sul piatto sono sempre gli stessi, secondo BEUC: in un mercato dove è difficile a volte persino identificare con certezza chi è l’effettivo detentore dei diritti (di riproduzione? di performance?) su un brano musicale, se cambiando nazione pur restando entro i confini del mercato unico europeo cambiano le regole, com’è possibile creare un modello di business omogeneo che sia attraente e vantaggioso per i clienti ? Se le collecting society, argomenta BEUC, costituiscono invece che una facilitazione piuttosto un limite per la diffusione delle opere, occorre ripensare il sistema: la fioritura di un gran numero di offerte legali, è questa la tesi che si ricava dalla lettura, è possibile solo in un mercato dove le economie di scala sono possibili e i consumatori sono lasciati liberi di scegliere.
Un invito alla semplificazione niente affatto dissonante con le proposte del commissario Reding: che parla di contenuti digitali come veicolo di promozione delle reti NGN, in un circolo virtuoso che vede le imprese investire nella crescita della banda larga in previsione dei futuri introiti che potranno derivarne. Con nuovi posti di lavoro creati da questo mercato digitale dei contenuti, con più consumatori che potranno farne parte e accedervi. In Europa, chiosa il Commissario, il 90 per cento dei libri conservati nelle biblioteche pubbliche non è più disponibile sul mercato : e la mancanza di una regolamentazione chiara impedisce di provvedere alla fondazione e allo sviluppo di un mercato digitale delle parole potenzialmente interessante, che potrebbe far lievitare gli introiti degli attuali detentori dei diritti su quelle opere.
Tutto questo potrà essere fatto, conclude Reding, anche riformando l’assetto legislativo comunitario del settore telecomunicazioni: con un’occhiata agli interessi dei cittadini digital-divisi, con la mente alla fibra (rigorosamente FTTH), e senza dimenticare il mercato del mobile (e dei pagamenti in mobilità) che vivrà la transizione alla generazione LTE/4G e il fattore ecologia.
“Se le aziende europee eliminassero solo il 20 per cento dei viaggi di lavoro in favore della videoconferenza, potremmo risparmiare 22 milioni di tonnellate di CO2 ogni anno. Senza contare che il cloud computing, promuovendo l’efficienza delle soluzioni IT, può garantire un risparmio elettrico fino all’80 per cento. E senza dimenticare quanto l’ICT può fare per la nascita di automobili più sicure, intelligenti e ecologiche in Europa”. Insomma è una tela completamente interconnessa, e dalla modernizzazione hanno tutti da guadagnare : “Ritengo – ha concluso il Commissario – che l’Europa Digitale non possa permettersi di chiudere gli occhi davanti al suo potenziale ecologico, che potrebbe trasformarsi in nuove opportunità di business per tutte le aziende europee”. La strada dunque è tracciata: occorrerà attendere per sapere se sarà ancora Viviane Reding a fare da guida.
Luca Annunziata