Facebook non è un mezzo accettabile per effettuare comunicazioni legali. Lo ha stabilito un giudice federale degli Stati Uniti in seguito alla richiesta di una banca di contattare una sua debitrice tramite il noto social network.
Il caso in questione riguarda Nicole Fortunato, una ragazza che avrebbe rubato l’identità di sua madre per ottenere una carta di credito dalla Chase Bank. A quanto sembra la giovane avrebbe speso poco meno di mille euro. La banca ha poi scalato il denaro dallo stipendio della madre, Lorri Fortunato, che, per tutta risposta, ha denunciato la Chase Bank dichiarando di non aver mai richiesto la carta, di non avere rapporti con sua figlia da tempo e di non sapere dove fosse . Il problema è che non lo sapeva neanche la banca.
La Chase Bank ha dunque assunto un investigatore per cercare la ragazza che sembra essersi dissolta nel nulla. L’investigatore ha rintracciato quattro possibili indirizzi e il profilo Facebook di una Nicole Fortunato che vive nel quartiere di Hastings, a New York. Non avendo trovato la ragazza a nessuno degli indirizzi indicati, la banca ha dunque deciso di rivolgersi al giudice per avere l’autorizzazione a contattarla sul social network.
La sentenza del giudice John Keenan ha però affermato che Facebook non è un metodo “ortodosso” per rintracciare i cittadini, in quanto chiunque potrebbe fornire sul social network generalità false. In sostanza, il giudice ha dichiarato che non si può avere la certezza che quel profilo Facebook appartenga effettivamente a Nicole Fortunato. Keenan ha infine consigliato alla banca di cercare la ragazza tramite annunci su giornali locali.
Se la Chase Bank fosse riuscita a dimostrare che quel profilo rappresenta effettivamente Nicole Fortunato, la decisione non lo esclude, il giudice avrebbe potuto dare l’autorizzazione a procedere. Questa pratica è accettata in Australia, Nuova Zelanda e Regno Unito, ma, almeno per ora, non ha attecchito negli Stati Uniti.
Gabriella Tesoro