Accedere dietro pagamento a siti che contengano materiale pedopornografico, scaricare contenuti illegali offrendo un corrispettivo in denaro è reato: si alimenta il mercato della pedopornografia . Lo ha confermato la Corte di Cassazione con sentenza 41570.
La Terza Sezione della Corte, riporta RaiNews24 , si è pronunciata riguardo al ricorso sporto da un 67enne, che nel 2006 era stato condannato ad un anno e mezzo di reclusione dalla Corte di appello di Milano per aver acquistato online del materiale pedopornografico. Ricorso respinto, sentenza confermata.
La difesa dell’imputato, spiega Diritto-oggi , si è innestata sull’illegittimità costituzionale della legge sulla base della quale era stato condannato. Secondo la difesa l’imputato ha esercitato il diritto di disporre della propria sessualità come previsto dalla Costituzione senza minare il diritto “certamente cospicuo” ad un’infanzia serena. A detta dei legali “condannare un uomo solo perché si compiaccia di scene pornografiche o pedopornografiche” senza che “abbia in alcun modo partecipato alla realizzazione del prodotto o non ne ritragga un vantaggio economico e, soprattutto, non lo divulghi” rappresenta “un’istanza solo moralistica” in conflitto con la Costituzione.
Ma la Cassazione ha rigettato l’argomentazione: “è indubbio che tutta l’attività organizzata ai fini della produzione, diffusione e messa in commercio di certe immagini esista e si perpetui solo perché vi è a monte una domanda : un pubblico, cioè, di consumatori che intenda acquistarle e detenerle. Pertanto – proseguono i supremi giudici della Terza Sezione penale – il comportamento di chi accede ai siti e versa gli importi richiesti per procurarsi il prodotto è altrettanto pregiudizievole di quello dei produttori”. Domanda e offerta sono le due facce del fenomeno dello sfruttamento dei minori: per questo motivo, si precisa nella sentenza “il legislatore punisce anche quelle condotte che concorrono a procurare una grave lesione alla libertà sessuale e individuale dei minori coinvolti”.
Nulla di nuovo, in realtà: la legge 269/98 a tutela del minore, con le successive modifiche, punisce coloro che consapevolmente scambiano, vendono e acquistano materiale pedopornografico. Esplicitare però la responsabilità di colui che sborsa del denaro per fruire di servizi nell’alimentare un mercato estremamente lucrativo ed illegale, potrebbe però aiutare a definire la posizione di coloro che nel materiale pedopornografico si sono semplicemente e involontariamente imbattuti .
Una sentenza come quella della Cassazione potrebbe forse contribuire a far chiarezza su l’intreccio spesso caotico tra concetti tra loro assai diversi come pedofilo, criminale pedofilo e pedopornografo.
Gaia Bottà