Arlington (USA) – Se l’associazione dei discografici americani, la RIAA, ha fino ad oggi recitato il ruolo di prima attrice nella lotta al file-sharing, tale ruolo potrebbe presto essere condiviso con i colleghi della MPAA, l’associazione americana che rappresenta i più importanti studios di Hollywood.
Non è un segreto che la MPAA , che di recente ha distribuito alcuni videoclip per sensibilizzare il pubblico sul problema della pirateria P2P, stia studiando da vicino le mosse della RIAA per pianificare la propria guerra allo scambio illegale di film su Internet. Ma contro chi dovrebbe puntare i propri cannoni l’industria del cinema? Innanzitutto contro se stessa , sembra suggerire un recente studio pubblicato da AT&T Labs e intitolato “Analysis of Security Vulnerabilities in the Movie Production and Distribution Process”.
Lo studio, di cui si può trovare copia integrale (in formato PDF) qui , è stato condotto con l’obiettivo di “tentare di determinare la fonte delle copie non autorizzate studiando la disponibilità e le caratteristiche dei più recenti e famosi film all’interno delle reti di file-sharing”.
Lorrie Cranor, principale autrice della ricerca, ha spiegato di essersi avvalsa dei siti che indicizzano e verificano i contenuti presenti sulle maggiori reti di file-sharing per determinare quali dei 312 film più popolari in USA fossero largamente diffusi su Internet: la ricercatrice afferma di aver trovato almeno un esemplare di 182 dei film del campione, per un totale di 285 copie aventi una fonte differente.
“Il 77% di questi esemplari – si legge nel rapporto – sembrano essere state fatte trapelare da personale interno dell’industria. Molti dei nostri esemplari sono apparsi sulle reti di file-sharing prima della data di rilascio della versione consumer su DVD. Per la precisione, solo il 5% dei film che al momento della nostra ricerca erano già disponibili in DVD è apparso per la prima volta sui siti Web che indicizzano le reti di file-sharing dopo la data di rilascio del DVD”.
Da queste statistiche Cranor conclude che “la copia dei DVD fatta dai consumatori rappresenta attualmente un elemento di minore impatto se comparato alla fuga di contenuti dall’interno”. Una fuga che può avvenire in una qualsiasi delle numerose fasi che costituiscono il percorso di una pellicola dalla produzione alla distribuzione.
Questi dati sono senza dubbio imbarazzanti per l’industria cinematografica visto che, se attendibili, indicherebbero negli stessi addetti ai lavori i primi responsabili di uno dei segmenti della pirateria digitale più inviso all’industria cinematografia: quello riguardante i film non ancora o appena usciti nei cinema.
Le prove che molti dei film più recenti disponibili sulle reti P2P provengono da copie di produzione o da materiale promozionale sarebbe dato, secondo la ricerca, dal fatto che nel video sono presenti disclaimer, watermark, codici e altri attributi che ne rivelano origine e scopi.
Come noto, molte copie di film arrivati su Internet dopo l’uscita nelle sale sono spesso costituite da riprese effettuate nei cinema stessi con una videocamera. Nello studio si afferma che alcune di queste copie rivelano con pochi margini di dubbio di provenire da registrazioni eseguite dagli stessi operatori delle sale , fra i pochi, in fase di proiezione, a poter fare riprese di una certa qualità.
Nel documento redatto dal gruppo di ricercatori guidati da Cranor vengono poi analizzate le varie vulnerabilità di sicurezza presenti nel processo di produzione e distribuzione dei film e si suggerisce alle major l’adozione delle tecnologie di watermarking e di digital rights management per tracciare il percorso di ogni singola copia e risalire eventualmente al responsabile del trafugamento.