Il gran polverone estivo sollevato dall’ inchiesta della Federal Communications Commision sul rifiuto del client Google Voice per iPhone è sopravvissuto al solleone di ferragosto, acquisendo nuova virulenza polemica con la presentazione delle risposte di tutte e tre le aziende implicate (Apple, AT&T e Google). In attesa della risposta ufficiale di Washington, si può ragionare su quanto le suddette aziende hanno avuto da dire in merito, anche se a conti fatti sono molte più le questioni aperte che quelle risolte.
Escludendo il documento presentato da Google, che trincera dietro la dicitura “confidential” le spiegazioni ottenute da Apple per il rifiuto di Voice, molti sono i punti di interesse nelle lettere di AT&T e (soprattutto) Cupertino. Il colosso statunitense delle telecomunicazioni ribadisce di non avere niente a che fare con le decisioni di Apple sulle iPhone App da approvare o rifiutare, una scelta che compete solo ed esclusivamente al produttore del melafonino.
“AT&T non ha avuto alcun ruolo in qualsiasi decisione abbia portato Apple a non accettare l’applicazione Google Voice per l’inclusione nell’App Store”, ripete il vicepresidente di AT&T Jim Cicconi, sostenendo che il carrier non sia stato in alcun modo e in nessuna occasione interpellato da Apple sulla faccenda e che non esista alcun blocco preimpostato, per gli utenti in grado di accedere a siti web “legittimi”, all’utilizzo di applicativi e servizi magari non dissimili dall’incriminato Google Voice.
Ma AT&T conferma anche (e qui sta la prima, importante rivelazione) che qualcosa a Apple potrebbe aver detto nel caso di applicazioni che potrebbero impattare sul traffico del suo network 3G , applicazioni che guarda caso prevedono espressamente la tecnologia VoIP a cui Google Voice si appoggia per le sue funzionalità. Il carrier dice alla FCC di voler valutare la possibilità di “autorizzare” l’inclusione di tali sistemi VoIP nell’App Store (seconda importante rivelazione), affermazione che evidentemente cozza in maniera palese con quanto sostenuto in precedenza, ovvero di non avere niente a che fare con le “decisioni finali” di Apple sul rifiuto o l’approvazione delle App.
Ancora più interessante risulta poi essere la lettera di Cupertino , che oltre a rendere pubbliche alcune informazioni sulla policy e il funzionamento del processo di valutazione delle App (8.500 unità visionate ogni settimana con una percentuale di rifiuto del 20 per cento, più di 40 revisori al lavoro a tempo pieno e due diversi revisori impegnati su ogni singola applicazione, il 95 per cento delle app approvate entro 14 giorni dalla sottomissione) nega che Google Voice sia stata rifiutata. Semplicemente, Cupertino sta ancora studiando l’applicazione per le sue presunte conseguenze non triviali sull’esperienza utente e le tecnologie fondamentali del melafonino.
“L’applicazione non è stata approvata – dice Apple – perché, cosi come ci è stata presentata, sembra alterare l’esperienza utente caratteristica di iPhone sostituendo le funzionalità di telefonia base e l’interfaccia utente Apple con la sua propria per le chiamate telefoniche, gli sms e le mail vocali”. Google Voice prenderebbe insomma in ostaggio il sistema operativo del melafonino, ragion per cui Apple vuole andarci con i piedi di piombo prima di far approdare l’applicazione sul suo store.
La giustificazione di Apple non convince però Kevin Duerr di Riverturn , la cui applicazione VoiceCentral ha seguito la stessa magra sorte di Google Voice. Duerr dice che il kit di sviluppo ufficiale per iPhone non consente in alcun modo di sostituire le funzionalità base del melafonino , per cui l’interfaccia e le funzioni di Voice che Apple definisce alla stregua di un pericoloso rootkit telefonico “sono semplicemente una soluzione parecchio specifica per far si che gli utenti di Google Voice utilizzino quel servizio distinto e separato”.
Tra Apple e AT&T non c’è “alcuna condizione contrattuale o accordo non contrattuale” capace di influenzare la questione Google Voice, dice Cupertino, nondimeno le due aziende si sono accordate sul divieto specifico di “includere una qualche funzionalità” che permetta agli utenti di iPhone di fruire di un servizio VoIP sul network di AT&T senza espressa autorizzazione di quest’ultima. Il VoIP risulta ancora accessibile attraverso una connessione wireless in WiFi, ma per il resto il carrier statunitense ha già espresso varie volte le sue preoccupazioni per le congestione di rete che potrebbero scaturire da applicazioni VoIP.
E il bello è che, per quanto riguarda Google Voice, Apple dice di non sapere “se c’è un elemento VoIP nel modo in cui l’applicazione instrada le chiamate e i messaggi”, mentre AT&T va anche oltre sostenendo che GVoice non è affatto un’applicazione di tipo VoIP basandosi sulle informazioni rese disponibili da Google. Tanto rumore per nulla insomma, in attesa che la FCC si pronunci sulle responsabilità oggettive di AT&T e Apple.
Dove non sussistono dubbi circa la responsabilità del rifiuto di un applicativo sull’Apple Store, infine, è nel caso di Double Sys , un “simulatore” di Nintendo DS sviluppato da ZM2 Dev e prontamente rimosso da Apple dopo aver ricevuto espressa richiesta dalla casa giapponese. Nintendo si è sempre distinta per il contrasto alla pirateria dei suoi prodotti, e che si tratti di ROM per emulatori PC o un tool per iPhone la “vigorosa protezione” della sua proprietà intellettuale rimane una strategia inalterata nel tempo.
Apple potrebbe invece riconsiderare il ban sull’emulatore di Commodore 64, inizialmente respinto dopo che Cupertino aveva rivelato una violazione del contratto dell’iPhone SDK nell’esecuzione di ROM contenente il codice dei giochi. Manomio, la società sviluppatrice dell’emulatore, dice di essere stata contattata da un alto responsabile Apple e di aspettarsi “grandi novità” entro breve.
Alfonso Maruccia