Roma – Quanti italiani utilizzano i computer dell’azienda in cui lavorano per scaricare illegalmente musica? Tanti, secondo l’industria discografica, che ora ha deciso di avvertire le imprese nostrane: rischiate grosso. Grazie alla continua scansione dei network peer-to-peer i discografici ritengono che una percentuale decisamente consistente di coloro che scaricano musica illegale lo faccia dal posto di lavoro.
Il problema, vecchio come il file-sharing, e che ha già trascinato alcune aziende americane in tribunale, in Italia assume i contorni di un fenomeno che la FIMI , la Federazione dei discografici italiani, ha deciso di voler combattere con una campagna di sensibilizzazione.
In sostanza, la mancanza di un controllo serio e continuativo sugli allegri comportamenti dei dipendenti alle prese con internet può provocare l’ira dell’industria per violazione dei diritti di proprietà intellettuale sulla musica e quindi ripercuotersi sulle imprese negligenti che diventano complici dell’illecito.
FIMI dirige la sua iniziativa verso imprese pubbliche e private a cui sta inviando una brochure informativa sulla legge e la tecnica. Nella brochure si parla dei “rischi connessi all’utilizzo della rete informatica aziendale per scaricare e distribuire file musicali in termini di sicurezza, spreco di risorse tecnologiche e forza lavoro”.
Nel documento, FIMI avverte che vi sono server aziendali trasformati in veri e propri jukebox di file illegali e ciò espone le imprese e i propri responsabili a serie conseguenze legali.
“Si tratta – afferma FIMI – di attività potenzialmente molto pericolose e spesso praticate in totale spregio delle procedure di sicurezza informatica interne”. Impresa avvisata mezza salvata?
Dal canto suo si sta muovendo in queste ore ancora una volta anche l’associazione internazionale dei discografici IFPI , che nell’ambito dell’iniziativa di sensibilizzazione ha tenuto a sostenere che a causa del file-sharing l’industria del settore perderebbe enormi quantità di introiti con pesanti ricadute anche sull’occupazione.
Va detto che nel recente passato l’industria ha già attivato iniziative per tentare di sensibilizzare gli utenti o altri soggetti coinvolti massicciamente nel p2p, come le università americane . Dallo sviluppo dei sistemi di convidisione dei file, però, si direbbe che siano tentativi andati falliti.
Sul tema vedi anche Chi controlla il P2P dei dipendenti?
Per controllare invece quanto spazio su una WAN occupano mp3 e altri file musicali da non perdere è il programmino Mp3check (qui una recensione) .