New York (USA) – Non è ancora l’ok definitivo ma per VeriChip il mercato americano sta rapidamente schiudendosi grazie ad un secondo via libera accordato ieri dalla severa Food and Drug Administration – FDA americana.
In pratica FDA dovrebbe presto dare l’ok definitivo all’utilizzo del chip sottopelle negli ospedali a scopo di identificazione e autorizzazione.
Come noto, VeriChip è un prodotto lungo 11 millimetri che viene impiantato nel braccio e che contiene un tag RFID, un radiochip che si attiva quando è nei pressi di appositi scanner che lo “leggono” e che consegna alla rilevazione i dati che sono stati inseriti, in primis l’identità del “portatore”. L’impianto avviene mediante iniezione che deposita il chip nel braccio avvolgendolo nel “biobond”, una sorta di gelatina di isolamento che consente a VeriChip di agganciarsi ai tessuti.
Di recente VeriChip era salito agli onori delle cronache per l’uso intensivo che se ne sta facendo negli uffici del procuratore generale messicano. Ma dal 2001 ormai la casa produttrice, Applied Digital Solutions , sta lavorando perché l’impianto non scandalizzi e si sviluppi un approccio favorevole alla diffusione della tecnologia. In questo senso va letto il Giorno dell’impianto lanciato da una discoteca spagnola per i suoi frequentatori più assidui.
Sul piano tecnico, VeriChip viene letto da scanner fissi , che possono essere posizionati a diversi metri di distanza dal portatore, o da scanner manuali, che di converso devono trovarsi a distanza ravvicinata. Oggi il chip è “dormiente” fino a quando non si avvicina ad uno degli scanner dedicati e FDA dovrà stabilire in quale modo dovranno essere gestite negli ospedali le informazioni contenute nel chip.
Nelle sue varie versioni, evidentemente, VeriChip può consentire l’accesso ad aree riservate o persino servire quale strumento per le transazioni. In futuro, Applied ci sta lavorando, ne sarà prodotta una versione contenente un sistema GPS in grado di localizzare il portatore.
FDA in queste settimane approfondirà gli aspetti relativi alla privacy , la questione forse più delicata sollevata dagli impianti che è stata non a caso recentemente affrontata dal Garante della privacy italiano, Stefano Rodotà, nella relazione annuale dell’Autorità.