A giudicare dal titolo del disegno di legge presentato dai senatori Vincenzo Vita e Luigi Vimercati , entrambi del PD, con un solo provvedimento si potrebbero affrontare tutti o quasi tutte le questioni rimaste insolute: Neutralità delle reti, free software e società dell’informazione . Nel documento, composto da 11 pagine, vengono affrontati gli argomenti più disparati: la connessione ad Internet come diritto fondamentale, il software libero e il suo utilizzo nella Pubblica Amministrazione e soprattutto la cancellazione del digital divide. Un processo che, spiegano , passa attraverso l’ammodernamento dell’industria e della società italiana: uno strumento utile anche a rilanciare l’economia.
“L’idea alla base di questa proposta – racconta a Punto Informatico il senatore Vimercati – fa parte di una riflessione del Partito Democratico, fatta insieme a coloro che con noi discutono e con i quali elaboriamo proposte: naturalmente ci rifacciamo anche a quanto sostiene Lawrence Lessig, che abbiamo di recente incontrato a Milano, e le sue riflessioni e i suoi suggerimenti sono stati tenuti presenti durante la stesura del testo”. Secondo l’esponente del Partito Democratico, il punto fermo del provvedimento deve essere la neutralità della Rete : “L’approvazione la scorsa settimana della raccomandazione greca al Parlamento Europeo (il cosiddetto Rapporto Lambrinidis , ndr) è un ottimo punto di equilibrio tra la necessità della libertà di espressione e l’esigenza di intervenire in caso di violazione: con quel testo noi concordiamo in pieno”.
Per garantire una rete neutrale, comunque, occorre che il paese sia innanzi tutto in rete: “Occorre connettere al più presto il paese – continua Vimercati – con il precedente governo avevamo indicato il 2012 come punto finale della connessione del paese alle tecnologie di banda larga esistenti, per poi discutere e affrontare le nuove proposte. Uno dei punti critici del nostro sistema produttivo è proprio una ridottissima propensione a investire in tecnologie di comunicazione”. Il problema sarebbe al contempo “finanziario e culturale: occorrono politiche di incentivo per garantire innovazione alle imprese, e garantire loro un futuro anche in questo scenario da tsunami economico globale”.
Il discorso, ammette il senatore, è molto complesso: ma nel testo , all’articolo 3, 4 e 5 si fanno persino espliciti riferimenti a concetti quali banda minima garantita e neutralità rispetto ai contenuti. “È una questione di trasparenza – conferma – un problema significativo soprattutto per le connessioni mobili: la banda minima serve a garantire l’accesso al reale servizio, ed è una questione che solleverò anche in sede di authority delle telecomunicazioni. Occorrono alcuni principi a tutela del consumatore”.
Sul fatto che la questione comunque vada oltre la semplice discriminazione del P2P e che includa una necessaria maggiore informazione del consumatore è d’accordo anche l’avvocato Eugenio Prosperetti , esperto del diritto legato alle nuove tecnologie: “Per la questione della neutralità – spiega a Punto Informatico – occorre forse definire il principio più che la norma: se non viene fissato, restano lecite tutte le deviazioni alcune delle quali consistono nel fornire connessioni che non garantiscono l’accesso a tutta la Rete senza che il cliente ne sia informato”. Secondo Prosperetti, più che di rete in assoluto neutrale occorre stabilire i criteri con i quali giudicare i servizi: “Le misure elaborate con scopi diversi, per reprimere singoli fenomeni, non sono in aperto contrasto con una politica di neutralità”. Che sia necessario migliorare la trasparenza rispetto all’utente finale concorda anche Vimercati: “Vanno elaborati principi a tutela del consumatore: occorre mettere un termine al raggiungimento della diffusione della banda larga, incentivare gli investimenti a partire da quella attuale fino alla NGN. Connettere questo paese in modo completo, superare il gap rispetto all’Europa: questo DDL – spiega – ha aspetti concreti che vanno anche a sostegno del consumatore”. E tra questi figura pure la necessità di “privilegiare l’uso del software libero” all’interno delle pubbliche amministrazioni (articolo 7).
Il perché lo spiega la dottoressa Flavia Marzano , tra l’altro consulente del CNIPA proprio in materia di software open source e libero: “Più che parlare di vantaggi del software libero, occorre parlare degli svantaggi che non ci saranno – chiarisce a Punto Informatico – Ovvero, il software non libero pone alcuni problemi alla PA: gli amministratori non possono vedere cosa fa esattamente, il software potrebbe compiere operazioni indesiderate. Come fare a garantire ai miei utenti, che nel caso ad esempio di un ospedale hanno problemi di privacy, che il software non mandi il database clinico a delle aziende assicuratrici? Con il software proprietario a sorgenti chiusi queste verifiche non si possono fare”.
Ma non finisce qui: “Prendiamo i servizi online verso cui punta la PA: fintanto che si tratta di una delibera da scaricare, anche utilizzando formati proprietari si riesce a trovare un modo di visualizzarli. Ma nel futuro – chiosa – si punta all’interattività: come fare in quei casi? Per garantire che i formati proprietari siano gestiti correttamente occorrerebbe comprare una licenza, ma lo stato non mi deve obbligare a comprare una licenza: piuttosto dovrebbe mettermi in condizione di utilizzare uno strumento alternativo gratuito”.
Vimercati è d’accordo: stimolato su un analogo progetto avviato dalla regione Veneto spiega che “Il Veneto è una regione governata dal centrodestra: non c’è affinità politica, eppure maturiamo orientamenti simili poiché sono coerenti per le pubbliche amministrazioni. Queste ultime devono fare il possibile per compiere quel salto di qualità necessario ad avvicinarle al cittadino: molti ci chiedono addirittura di insistere affinché i contenuti siano tutti online, di inasprire le sanzioni per chi non fa il proprio dovere, di obbligare ad usare software libero. Giuridicamente non si può fare, ma la PA dovrebbe dare il buon esempio: per noi il software libero è una battaglia di libertà”. Lo stesso impegno occorre pensarlo anche sull’ interoperabilità . Marzano: “L’interoperabilità non richiede il software libero, chiede che il fornitore A parli con il fornitore B per garantire la compatibilità. Al momento non succede, non sempre le pubbliche amministrazioni detengono la conoscenza sulla struttura che racchiude i loro dati. L’unica garanzia che si ha in questi casi è pretendere la fornitura di queste informazioni, obbligare a fornire la struttura dati, i database e le porte di accesso per garantire l’interoperabilità. Oppure, per semplificare: software libero per tutti, così che chiunque possa realizzare il ponte tra una struttura e un’altra”.
Interviene Prosperetti: “Ci sono esperienze concrete di questi principi, ad esempio nella zona altoatesina, oppure in Baviera: è stato osservato – racconta a Punto Informatico – che se in alcuni contesti se si guarda al software libero prima di guardare le soluzioni proprietarie, si individuano modelli di efficienza che consentono un risparmio. Non è detto che lo scopo sia sempre risparmiare: ma il software libero nella PA consente di affrontare problemi della società dell’informazione che negli anni a venire devono ricevere maggiore attenzione di quanta ne ricevano oggi. Privilegiare l’open source non deve essere una scelta ideologica, ma una necessità concreta: in Cina l’hanno fatto”.
Viene ribadita la necessità di una scelta laica, basata sulle effettive esigenze tecniche e pratiche dello Stato che deve offrire servizio ai cittadini: “Si va sul mercato – prosegue Marzano – e si valuta l’offerta migliore, quella con il miglior rapporto qualità/prezzo: c’è bisogno di garantire l’utilizzo dello stesso software e degli stessi dati anche tra 10 anni, di essere certi di non avere backdoor nel proprio sistema e non costringere i cittadini a comprare del software per accedere ai servizi”. Concorda Prosperetti: “La PA deve interfacciarsi e interloquire per mettere in piedi un sistema che comunichi attraverso la tecnologia al di là di standard chiusi, licenze: deve essere accessibile a tutti e garantire la massima fruibilità”.
Ma non c’è il rischio che, mettendo tanta carne a cuocere in argomenti così diversi l’uno dall’altro, si finisca per disperdere le forze? “Noi siamo all’opposizione – spiega il senatore Vimercati – La nostra è una iniziativa volta a formulare una proposta complessiva del PD su questi temi: nella discussione parlamentare valuteremo la posizione del Governo, e siamo disponibili a convergere su un testo condiviso laddove sia possibile”. Allo stato attuale, chiarisce, non ci sono proposte organiche come questa presentata dal suo partito: i vari provvedimenti proposti dagli onorevoli Carlucci e D’Alia , a suo avviso, non rispondono a tutte le domande sul tavolo.
“La mia opinione – prosegue – l’ho chiarita citando Lessig e la raccomandazione della UE: siamo fermamente convinti della necessità di combattere le varie forme di criminalità in Rete, ma non vogliamo acquisire fatti di cronaca come alibi per introdurre la censura su Internet in modo indiscriminato. Verrebbe meno uno dei ruoli fondamentali di Internet stessa: quello di spazio pubblico della democrazia, dove si da significato alla libertà di espressione”. Per questo, conclude Vimercati, “Ci sembra che le iniziative dell’on. Carlucci e di altri siano da respingere. L’Italia non è un paese autoritario e non vuole diventarlo: noi ci batteremo per fare di Internet uno strumento di democrazia, un anticorpo alla dominazione della comunicazione di massa che si verifica di solito in Italia”.
Vimercati plaude alle iniziative che sono nate in Rete in questi mesi proprio per sostenere queste posizioni. Ma la necessità di una legge quadro , per così dire, è sentita anche dall’avvocato Prosperetti: “È necessario regolamentare a livello di principi, visto che gli attuali non sono più adeguati alla attuale evoluzione tecnologica”. L’obiettivo, sottolinea la dottoressa Marzano, è anche quello di razionalizzare gli sprechi: “La trasparenza che può garantire il free software, da Turati in poi è un valore che la pubblica amministrazione non può trascurare”. L’invito che arriva dal senatore Vimercati è di partecipare a questo cambiamento : “Vogliamo provare a discutere con gli utilizzatori dei servizi, vogliamo provare a fare i parlamentari in modo diverso: abbiamo già ricevuto centinaia di contatti e suggerimenti, ma ne aspettiamo degli altri – conclude – e dopo Pasqua avvieremo anche l’iter parlamentare di questo disegno di legge”.
a cura di Luca Annunziata