L’incontro andato in scena all’inizio della scorsa settimana ha garantito la sopravvivenza di SPID, almeno nel breve periodo. L’ipotesi di un abbandono del sistema o di una graduale migrazione verso CIE (attraverso modalità e tempistiche ancora tutte da definire) non è però stata accantonata. Il tema è caldo e interessa da vicino gli oltre 34,2 milioni di cittadini che hanno fin qui scelto di attivare la propria Identità Digitale.
Da SPID a CIE: Butti e le ragioni del cambiamento
A ribadire quali siano le ragioni che dovrebbero spingere l’Italia a intraprendere questo nuovo percorso di transizione è stato Alessio Butti, Sottosegretario alla Presidenza del Consiglio con delega all’Innovazione Tecnologica. Lo ha fatto in occasione di un’intervista rilasciata al Corriere. Ne riportiamo di seguito un estratto che ben sintetizza la sua visione.
Uno stato serio deve essere l’unico a poter disporre ed erogare certificati di identità anche digitale, mentre SPID usa identity provider privati. Dobbiamo far tesoro delle esperienze positive del passato, senza nuove complicazioni per i cittadini. Oggi abbiamo Carta d’Identità Elettronica, Carta Nazionale dei Servizi e SPID, ma si deve arrivare a un unico strumento anche perché l’UE ha già fatto delle scelte con il Portafoglio Digitale Europeo e per l’Identità Elettronica richiede un livello di sicurezza 3. Oggi, l’unico strumento così sicuro è la Carta d’Identità Elettronica.
Dunque, anzitutto il fattore sicurezza. Poi, la volontà di accentrare a livello statale l’erogazione dell’Identità Digitale. Il compito è attualmente delegato a undici realtà private ovvero TeamSystem, TIM, Register.it, Sielte, Poste Italiane, Namirial, Lepida, Intesa, InfoCert, Aruba e Etna Hitech, che ora battono cassa chiedendo un totale pari a 50 milioni di euro all’anno per mantenere operativo un impianto su cui oggigiorno poggia gran parte dei servizi online della Pubblica Amministrazione. Infine, l’esigenza di allinearsi a quanto richiesto a livello europeo.
Il tempo e le linee guida stabilite dalla politica decreteranno il futuro di SPID e l’eventuale passaggio (o integrazione) alla Carta d’Identità Elettronica. Il principale ostacolo che Butti e i suoi potrebbero incontrare non è di tipo tecnico né tecnologico. Andranno convinti oltre 34,2 milioni di italiani che, quel sistema a lungo promosso come innovazione e talvolta adottato in modo obbligato, è già giunto al capolinea per lasciar posto a un ennesimo strumento.