Roma – Il dilagare incontrollabile dei contenuti video online può turbare i netizen cinesi, le clip postate sulle piattaforme di condivisione possono comunicare al resto del mondo un’immagine distorta della Cina. Le autorità della Repubblica Popolare Cinese corrono ai ripari: per scavalcare la Grande Muraglia digitale i video postati online dovranno ricevere l’autorizzazione del governo. Solo i portali di stato potranno intrattenere e informare i cittadini della Repubblica Popolare, solo le piattaforme registrate e approvate dal governo potranno ospitare le clip prodotte dai netizen.
Lo hanno comunicato nei giorni scorsi il ministero dell’Informazione e l’ente statale che amministra radio, cinema e televisione: dal 31 gennaio le disposizioni entreranno in vigore e i provider saranno chiamati a vigilare e a collaborare con il governo, rimuovendo i video inappropriati.
L’obiettivo delle autorità locali? Nel quadro della promozione di una rete più salutare e civilizzata , saranno bandite immagini scabrose e contenuti video sobillatori che possano danneggiare l’immagine della Cina, o minare la stabilità sociale del paese. Gli operatori delle piattaforme video dovranno collaborare per fornire ai cittadini contenuti edificanti, “nel rispetto del codice morale del socialismo”.
Il permesso accordato agli operatori avrà una durata di tre anni, ma sarà revocabile dalle autorità: coloro che permetteranno di postare contenuti inappropriati, coloro che verranno colti ad attentare alla moralità dei cittadini della Repubblica Popolare verranno allontanati dalla rete per un periodo di cinque anni.
La platea dei netizen cinesi è vastissima e costantemente in crescita: se gli operatori locali non sembrano temere le disposizioni emanate dal governo, qualche preoccupazione è stata espressa dai colossi del video online che operano su scala globale, che potrebbero trovarsi nella condizione di negoziare con il governo cinese la propria presenza online oltre la Grande Muraglia digitale.
Tutto verrà determinato dall’interpretazione delle regole da parte della autorità locali, ha dichiarato Ricardo Reyes, portavoce di YouTube, servizio che pur non avendo server sul suolo della Repubblica Popolare è già stato nel mirino della censura cinese: “Crediamo che il governo cinese riconosca appieno l’enorme valore dei video online – ha spiegato Reyes – riteniamo che non metterà in pratica la regolamentazione in modo che privi i cittadini cinesi dei benefici e della potenzialità che il segmento dei video online ha nell’ambito del business e dello sviluppo economico, dell’educazione e della cultura, della comunicazione e dell’intrattenimento”.
Qualora invece il governo cinese dovesse decidere di interpretare in maniera stringente la regolamentazione, YouTube dovrebbe rassegnarsi alla cooperazione: benché danneggi l’immagine dell’azienda, benché Google abbia più volte dichiarato di non voler agire come censore della rete, la piattaforma di video sharing si troverebbe costretta ad attenersi alle leggi locali .
Gaia Bottà