Pechino è fermamente intenzionata a mantenere il controllo sulla Rete e sui contenuti che vi circolano, monitorando ogni canale di distribuzione: il mobile non farà eccezione, come previsto dall’entrata in vigore di una regolamentazione che impone agli app store una registrazione presso le autorità.
Il versante mobile delle applicazioni, rigoglioso di app store che cavalcano tecnologie sempre più accessibili , non aveva suscitato il sospetto di Pechino fino allo scorso anno: di fatto, le app rappresentavano un pertugio nella Grande Muraglia Digitale . Ma come dimostra la recente rumorosa rimozione dell’app del New York Times dall’App Store di Apple, la Cina non è disposta a tollerare alcuna scappatoia alle censure imposte nel nome della salute del suo popolo.
A giugno 2016 Pechino ha approvato una regolamentazione esplicitamente tagliata sull’ambito mobile per agire su contenuti che “mettano a rischio la sicurezza nazionale, attentino all’ordine sociale e violino i legittimi diritti e interessi di terzi”, regolamentazione che ora ha assunto la forma di un’opera di schedatura gestita presso l’autorità che vigila sul cyberspazio. Nella nota pubblicata dall’autorità si riferisce che l’obiettivo è quello di combattere la “diffusione di informazioni illegali, gli abusi nei confronti dei detentori dei diritti, le minacce alla sicurezza”.
Con la schedatura degli app store Pechino intende “promuovere un salutare e ordinato sviluppo del mercato degli store di applicazioni”, un mercato che in Cina si rivela magmatico e frammentato. Gli utenti dei dispositivi Apple, fatta eccezione per coloro che dimostrino un mal tollerato spirito di iniziativa, si confinano nell’ecosistema della Mela, già prono al volere di Pechino, ma coloro che si affidino a terminali Android , la larga maggioranza dei cittadini cinesi che possiedono uno smartphone, non hanno come punto di riferimento il Play Store di Google : Mountain View ha lasciato la Cina anni or sono, rinunciando a questo popolosissimo mercato nel nome della lotta contro le ingerenze del governo locale. In attesa di un chiacchierato ritorno ufficiale con una versione studiata ad hoc del proprio store di app, il mercato della applicazioni mobile per Android si è affollato di contendenti: colossi cinesi fra cui Tencent, Baidu, Qihoo 360, Xiaomi e Alibaba si affiancano a soggetti come Amazon e ad altri attori locali, non tutti rigorosi nel monitorare ciò che distribuiscono con la mediazione delle proprie piattaforme, tra applicazioni sovente foriere di malware, e contenuti sovente sgraditi a Pechino.
L’obbligo di sottoporsi alla schedatura, pratica spesso adottata in Cina per far percepire il controllo e per dissuadere così dalle violazioni, mira a istituire per le autorità un canale diretto di comunicazione con le piattaforme e, nella vaghezza delle norme, a investire i soggetti registrati di una certa responsabilità rispetto alle app che veicolano, immediatamente rintracciabili e sanzionabili.
Gaia Bottà