Lo stato cinese estende a tutti la responsabilità del controllo delle identità: la Cina si configura come una società della sorveglianza distribuita . Per evitare i furti di identità, infatti, il governo della Repubblica Popolare espone al pubblico il suo sconfinato database. Un miliardo e trecento milioni di cittadini potrà verificare in qualsiasi momento se, chi si presenta per un acquisto o per fruire di un servizio, sia davvero chi dichiara di essere .
Basterà inviare un SMS contenente numero di documento e nome, un SMS che, per pochi Yuan, restituirà la conferma della corrispondenza di identità, o un messaggio inquietante che rivela il mancato match . Basterà collegarsi al sito che fa da interfaccia al database, inserire in un form nome e numero di documento , per vedere comparire, in caso di corrispondenza, la foto del detentore.
In questo modo sarà più facile segnalare i furti di identità, annuncia l’agenzia di stampa governativa Xinhua , una pratica che fa da contorno al 90 per cento dei crimini, una pratica che la Cina aveva tentato di scoraggiare già negli scorsi anni, con le strategie più creative.
In realtà, nonostante venga annunciato come una novità da Xinhua, il servizio è già da tempo in funzione in alcune aree della Repubblica Popolare. Nella regione di Guangdong era possibile verificare il match già dall’agosto 2005: lo testimonia un articolo di China.org che riferiva l’avvento di un database consultabile, contenente i dati di oltre 75 milioni di persone.
Aziende, datori di lavoro, negozianti e fornitori di servizi hanno accolto con favore il progetto. Il controllo, peraltro, è già routine : per compiere molte operazioni e transazioni ai cittadini cinesi è richiesta la presentazione di documenti. Questo tipo di accertamento soffre di scarsa efficacia, vista la facilità con cui si possono reperire documenti falsi. Ma ora basterà un telefonino, o un collegamento a Internet, per verificare l’intreccio tra nome, numero di documento e volto dell’avventore.
Uno spudorato affronto alla privacy dei cittadini? Si mostrano solo le foto, non c’è alcun problema di privacy, potrebbe essere la risposta del governo. A meno che il sistema non venga violato. A meno che lo stato non tenga traccia delle richieste di controllo inviate da aziende ed istituzioni, per raccogliere dettagli sempre più precisi riguardo alla vita dei cittadini.
Quello cinese è quindi un database aperto alla revisione da parte dei propri pari. Le dinamiche basate sul controllo da parte della società risultano spesso efficaci nel sostenere le comunità umane, in cui la reputazione è fondamentale per godere del rispetto altrui. Il sistema studiato dal governo cinese, osservava un blogger già l’anno scorso, sembra però sconfinare nella pratica della delazione , funzionale nel caso in cui la denuncia sia fondata, infida nel caso in cui le segnalazioni si portino avanti come in una cieca caccia alle streghe.
Peggio ancora se le segnalazioni vengono brandite come armi nei confronti di conoscenti indisponenti. Basta inviare una segnalazione errata per smuovere la sospettosa macchina della sorveglianza e offrire persone sgradite all’indiscreto occhio di bue del governo.
Ma anche nel caso in cui non vi fosse malizia nel voler verificare l’identità di qualcuno, si pone un problema: è facile digitare una cifra sbagliata e diramare un falso allarme, mettendo nei guai il malcapitato; è facile incappare in codici replicati , assegnati erroneamente ai documenti. Quindi, gli accertamenti di milioni di persone potrebbero indurre a preoccupanti accertamenti da parte delle autorità. I controlli, inoltre, potrebbero ritorcersi contro il controllore: la mancata denuncia di un documento che non corrisponde all’identità del detentore si trasforma in un’accusa di favoreggiamento .
Gaia Bottà