Il governo statunitense dovrebbe smetterla di comportarsi come un predicatore, fermandosi invece a riflettere sui suoi stessi abusi. Smetterla di interferire negli affari interni di altre nazioni, pubblicando documenti accusatori sulla presunta violazione, dentro e fuori dalla rete, dei fondamentali diritti dell’uomo.
È questa, in sintesi, la visione recentemente illustrata da Hong Lei, portavoce del Ministero degli Esteri cinese. Un agguerrito invito alle autorità a stelle e strisce, che dovrebbero così iniziare a pulirsi la coscienza prima di attaccare paesi come quello asiatico. Inserito dagli States nella lista di quei governi poco attenti ai diritti basilari dei propri cittadini .
Il governo di Pechino ha così risposto al fuoco , in seguito alla pubblicazione dell’annuale Country Report On Human Rights Practices . Ovvero dell’analisi effettuata dai vertici del Dipartimento di Stato statunitense sui vari abusi perpetrati da nazioni come la Cina e l’Iran. Un report ovviamente passato per imponenti meccanismi di censura della Rete come il cosiddetto Great Firewall of China .
La controffensiva delle autorità cinesi ha raccolto tutte le sue forze in un vero e proprio controreport, che ha sottolineato come gli Stati Uniti siano colpevoli di numerosi abusi sui principali diritti dei suoi cittadini. Violazioni anche a mezzo tecnologico, a partire dal sequestro di laptop e affini durante i tradizionali controlli alle frontiere. Secondo il report cinese, in quasi due anni sarebbero state perquisite oltre 6mila persone .
Lo stesso Department of Homeland Security (DHS) avrebbe da tempo autorizzato la perquisizione dei device elettronici anche senza la presenza di un mandato. Le stesse accuse statunitensi nei confronti della Grande Muraglia Digitale sarebbero frutto di pura e semplice ipocrisia. Si è infatti parlato del Protecting Cyberspace as a National Asset Act , che darebbe al governo di Washington il potere di chiudere la Rete in casi di emergenza .
Per non parlare della pornografia. Secondo il report cinese, il 70 per cento dei ragazzi statunitensi avrebbe avuto accesso accidentale a contenuti pruriginosi . Il 20 per cento dei teen avrebbe invece distribuito a mezzo elettronico fotografie o video di se stessi in pose non conformi alla pubblica morale.
C’è chi ha però criticato l’analisi cinese, soprattutto nella ricerca delle fonti. Alcuni dati presenti nel report sarebbero stati infatti racimolati online, oltretutto da siti web non esattamente affidabili. L’enfasi caricata sugli attuali tassi di criminalità in terra statunitensi andrebbero contro una miriade di pubblicazioni a favore di una diminuzione record .
Un’altra curiosità: il report made in China ha poi raccolto una serie di dati pubblicati da organizzazioni a tutela dei diritti umani come Human Rights Watch . Informazioni utili per screditare gli Stati Uniti, ma decisamente meno gradevoli se contrarie alle pratiche diffuse in Cina. Il sito dell’organizzazione è inaccessibile in terra cinese.
Mauro Vecchio