L’annuncio è giunto nelle ore scorse direttamente dall’agenzia CAC (Cyberspace Administration of China) di Pechino. Dall’inizio dell’anno, il governo centrale ha chiuso circa 12.000 account social che sponsorizzavano le criptovalute. Sono stati colpiti principalmente i profili presenti sulle piattaforme gestite da Weibo e Baidu. Lo stesso destino è toccato a 51.000 post pubblicati e a un totale pari a 105 siti Web, su un campione di 500 monitorati. È il risultato dell’ennesimo giro di vite imposto dalla Cina alla circolazione di questi asset e a tutto ciò che vi ruota attorno.
Criptovalute e social, giro di vite in Cina
La volontà dichiarata è quella di proseguire con la linea della tolleranza zero e di continuare a reprimere le attività finanziarie illegali correlate alle criptovalute, in cooperazione con altre autorità
. Ricordiamo che il colosso asiatico ha introdotto, nel settembre scorso, quello che è un sostanziale ban al trading e al mining delle monete virtuali. È accaduto ben prima che dal mercato giungessero i segnali dell’arrivo di una tendenza ribassista sfociata poi, come ben noto, in ciò che oggi viene indicato come Crypto Winter, un periodo nero per gli investitori e gli addetti ai lavori. Come abbiamo già avuto modo di scrivere in più occasioni su queste pagine, però, la stretta non si è rivelata del tutto efficace.
JUST IN: 🇨🇳 China Regulator reports 12,000 social media accounts related to #crypto were suspended this year.
— Watcher.Guru (@WatcherGuru) August 9, 2022
Le crescenti difficoltà incontrate da chi opera in questo territorio hanno spinto un numero non indifferente di realtà cinesi a spostarsi altrove. Molte hanno scelto Singapore come destinazione, anzitutto per una questione di vicinanza geografica. È lì che si sta sviluppando un’economia legata non solo alla circolazione degli asset, ma anche al Web3 e più in generale alle infrastrutture decentralizzate. A spingere l’esodo ha contribuito il ripristino dei lockdown deciso in alcune zone del paese.