Imprigionato per tre giorni dalla grande muraglia digitale, Lee Kai-fu è stato temporaneamente bandito dai più popolari social network in terra asiatica . Tra gli executive più influenti, Kai-fu aveva guidato le operazioni di business cinese dei potenti Google e Microsoft, ma soprattutto incensato le attuali piattaforme social nella lotta alla corruzione negli ambienti governativi di Pechino.
È stato lo stesso Kai-fu, ora CEO di Innovation Works, a denunciare su Twitter la sospensione del suo account ufficiale in Cina. Tra la piattaforma Weibo e quella gestita da Tencent Holdings, Lee Kai-fu aveva accumulato qualcosa come 30 milioni di follower. Numeri decisamente più alti di quelli riportati dal profilo cinguettante, dove l’ex-capo delle divisioni cinesi di BigG e BigM conta ancora un solo milione di seguaci.
La sua grande popolarità cinese sta probabilmente nelle varie denunce formulate dal CEO contro la censura e la corruzione governativa. Poteri oscuri che dovrebbero essere combattuti con la condivisione sulle piattaforme di microblogging. Kai-fu aveva inoltre denunciato attività di speculazione da parte del governo asiatico nella realizzazione di un motore di ricerca controllato a livello centrale .
In uno studio condotto dalla rivista WantChinaTimes – che analizza la questione cinese da Taiwan – il 50 per cento dei politici locali teme che l’ascesa dei social network come Weibo possa fomentare sentimenti di rivolta popolare . Mentre il 70 per cento del campione ha sottolineato un ruolo positivo della Rete nella lotta alla corruzione dilagante. Eppure, sono stati proprio i siti come Weibo a smascherare i politici corrotti tra macchine extra-lusso e filmini a luci rosse.
Mauro Vecchio