Cina, ISP costretti a spiare?

Cina, ISP costretti a spiare?

Un emendamento al quadro normativo sui segreti di stato potrebbe diventare legge. Telco e ISP dovranno collaborare con le autorità di Pechino. Denunciando i propri clienti colti a discutere di argomenti segreti
Un emendamento al quadro normativo sui segreti di stato potrebbe diventare legge. Telco e ISP dovranno collaborare con le autorità di Pechino. Denunciando i propri clienti colti a discutere di argomenti segreti

Le autorità di Pechino sembrano non mollare la presa, alla continua ricerca di un vasto meccanismo di controllo sull’ecosistema della comunicazione. Ultima mossa , alcune significative modifiche all’attuale legge sulla tutela dei segreti di stato , che potrebbe trasformare gli operatori delle telecomunicazioni in vere e proprie spie.

È giunta alla sua terza lettura una proposta d’emendamento che controllerà in maniera più severa l’operato di società di telecomunicazioni e provider Internet. Dovranno in pratica riferire alle autorità del paese l’eventuale presenza di discussioni pericolose , su argomenti coperti dal segreto di stato.

Come riportato dagli organi di informazione di stato cinesi, gli operatori dovranno collaborare con le forze di polizia e i vari dipartimenti per la sicurezza nazionale , consegnando nelle loro mani tutti quegli utenti colti a conversare di argomenti poco graditi al governo di Pechino. “La trasmissione di informazioni dovrà essere immediatamente interrotta alla presenza di segreti di stato”.

Stando a quanto riportato dall’agenzia di stampa Xinhua , la bozza d’emendamento definisce così il concetto di segreto di stato: “informazione che minaccia la sicurezza e gli interessi dello stato che, una volta trafugata, potrebbe danneggiare la sicurezza nazionale nelle aree della politica, dell’economia e della difesa”.

Nel tempo, le autorità di Pechino hanno declinato ampiamente il concetto di segreto di stato: tanto da bloccare quasi ogni cosa, dalle mappe online alle coordinate GPS. Fino a semplici dati statistici, come ad esempio quelli non forniti al recente tool di Google per il tracciamento dei governi più negligenti nei confronti delle fondamentali libertà d’espressione online.

Mauro Vecchio

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Pubblicato il
27 apr 2010
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