Beijing (Cina) – Una nuova legislazione antipirateria sta per abbattersi sulle schiere di utenti cinesi dediti alla pirateria online: i pirati, quantificati da BSA in un numero pari al 92% della popolazione informatizzata, dal mese prossimo non godranno più di impunità. Il regime pechinese ha infatti emanato un decreto che punisce con multe salatissime ogni episodio di “furto multimediale”, introducendo un reato relativamente nuovo nella storia della Repubblica Popolare.
La novità è che la nuova legge non punisce direttamente gli utenti, bensì delega completamente agli ISP la responsabilità penale per eventuali violazioni di copyright. I fornitori di accesso cinesi, già limitati da un sistema burocratico arretrato e macchinoso, dovranno adesso sopportare un nuovo bavaglio che si aggiunge alle asfissianti norme per la censura dei contenuti. Continua così il progetto cinese per la creazione di una ipotetica, nonchè utopica, rete perfetta e controllata.
Infatti gli oltre 1000 ISP in tutto il paese saranno costretti a combattere la pirateria in modo sistematico: qualsiasi attività degli utenti che leda in qualche maniera i diritti di autore deve essere immediatamente bloccata dall’alto . Indipendentemente dal fatto che si tratti di download, upload o pubblicazione su un sito di materiale pirata. Il governo di Pechino prevede una dura sanzione di 100mila yuan (una cifra equivalente a quasi 10mila dollari) per tutti gli ISP che non obbediranno alle regole. Una somma sicuramente non indifferente per le aziende coinvolte.
Gli utenti finali sembrano momentaneamente al riparo da divieti speciali. Un portavoce del Ministro dell’Informazione ha specificato comunque che per i casi più gravi di pirateria verranno prese misure eccezionali: naturalmente, in perfetto stile mandarino, non sono state rese note ulteriori specifiche.
La Cina cede così al fuoco incrociato della WTO e del presidente statunitense George W. Bush. Entrambi i soggetti avevano minacciato sanzioni economiche nel caso in cui la Cina non si fosse dotata di leggi contro la pirateria multimediale. Nel lontano paese orientale “le violazioni di copyright su Internet stanno aumentando di numero, specialmente negli ultimi anni. Questo causa moltissimi danni all’economia mondiale, anche se non esistono studi ufficiali sulle cifre esatte”, ha dichiarato Xu Chao, alto membro dell’apposito ufficio creato da Pechino per la tutela dei diritti d’autore, l’Amministrazione Nazionale per il Copyright.
Ma il Grande Drago non ha intenzione di chinare la testa di fronte a nessuno, arrivando a negare lo studio condotto da BSA di cui proprio oggi si occupa Punto Informatico: una indagine che ha quantificato i danni causati dalla pirateria “made in China” in otto miliardi di dollari . Con sempre più paesi che riconoscono diplomaticamente la Repubblica Popolare Cinese come “economia di mercato”, i danni causati dai pirati mandarini spaventano i produttori occidentali.
Le nuove disposizioni dettate da Pechino per fare fronte al fenomeno appaiono blande e timide rispetto a queste cifre esorbitanti. Malignamente, questa mossa della nomenklatura comunista potrebbe essere letta come una semplice concessione per non perdere totalmente la faccia di fronte ad una comunità economica internazionale ormai arrabbiata ed impoverita. Così come per altri importanti settori industriali, ad esempio la produzione tessile, la frontiera orientale senza regole e senza sceriffi sta infliggendo colpi difficilmente riparabili ai paesi di tutto il mondo.
Tommaso Lombardi