Solo i media ufficiali possono tracciare i profili delle autorità, possono ricamare sulla loro immagine pubblica, possono raffigurare certe sfaccettature dei membri delle istituzioni. Per un cittadino della rete parlare delle autorità può costare la disconnessione.
Era il dicembre dello scorso anno quando Zhou Jiugeng, rappresentante dell’amministrazione della provincia di Jiangsu, è stato rimosso dalla carica che ricopriva. Attorno alla sua vita pubblica si era intessuto un dibattito scaturito da una foto pubblicata online : al polso indossava un orologio da 100mila yuan, 11mila euro, dalle labbra esalavano volute di fumo di una pregiata Nanjing 95 Imperial, un vizio da 150 yuan al pacchetto, il corrispettivo di 17 euro. I cittadini della rete cinesi avevano fatto divampare il dibattito: l’amministratore, un modesto stipendio da dirigente pubblico della Repubblica Popolare, non avrebbe potuto permettersi di scialacquare. La rete cinese non si era sottratta al ruolo di cane da guardia che si sta ritagliando con il passare degli anni e lo scorrere degli eventi : c’era chi testimoniava di essersi imbattuto nella Cadillac che Jiugeng guidava per recarsi sul posto di lavoro.
“Internet garantisce alle persone un nuovo modo di vigilare sulle autorità – osservava nei giorni scorsi un autorevole commentatore del Partito – ma quello che importa veramente è che il governo ascolti la loro voce e prenda provvedimenti”. Jiujeng è stato defenestrato : fra le motivazioni, certe sortite a cui si sarebbe abbandonato in occasioni ufficiali. E il rumore che il suo “prodigo” stile di vita ha scatenato online: i rappresentanti dei cittadini non devono indurre il popolo a dubitare del proprio inossidabile rigore.
Se le autorità competenti hanno avviato le indagini per accertarsi della statura morale di Jiujeng, i legislatori della provincia di Jiangsu si sono industriati per contenere il fronte della rete , per impedire ai cittadini di brandire la rete per instillare dubbi riguardo ai loro rappresentanti. In Cina, spiega un legale locale, non è considerata diffamazione la pubblicazione di informazioni che risultino vere, ma dal mese di giugno non sarà consentito di pubblicare “informazioni private”, pena multe fono a 5mila yuan, oltre 500 euro, e la disconnessione coatta dalla rete per un periodo di 6 mesi. Si tratta di una misura che dissuaderà i giustizieri , i motori di ricerca umani che pattugliano la rete nell’intento di vendicare iniquità e di dare la caccia a reprobi concittadini . “Le informazioni private come l’età, lo stipendio, lo stato civile – ha chiarito un portavoce del governo – sono uno dei principali obiettivi nel quadro delle cacce all’uomo online”.
Ma se le autorità cinesi non si dimostrano disposte a tollerare le cacce all’uomo mediate dal Web, la veemenza moralizzatrice sospinta dal governo si è frammentata nella quotidianità dei cittadini della rete. La campagna atta a “purificare l’ambiente culturale di Internet e incoraggiare un salutare sviluppo dei minori”, la chiusura forzata di siti che contengono materiale pornografico e sgradito , ha coinvolto i netizen in una massiccia opera di controllo fra pari: sono in fermento per contribuire alla causa.
Denunce e controdenunce rimbalzano fra operatori dei media e cittadini. La tv di stato CCTV punta il dito contro l’immoralità di un blog ospitato dalla piattaforma KDNet, la cui tenutaria lamenta un’esistenza priva di stimoli ed espone il proprio listino prezzi e le proprie grazie. KDNet risponde denunciando la tv di stato, responsabile di aver alimentato chiacchiericci e sghignazzate con una immagine artefatta affiancata alla descrizione di occhiali ad infrarossi che permetterebbero di insinuarsi sotto ai vestiti delle passanti e persino dei manichini esposti nelle vetrine. Dai primi giorni di gennaio ad oggi sono stati isolati dalla rete 726 siti rei di veicolare contenuti volgari.
Gaia Bottà