Aumentano le importazioni di beni occidentali in Cina, aumenta la disponibilità di capitale cinese di investimento, aumentano in modo esponenziale gli utenti cinesi di telefonia mobile. Tre elementi distinti, eppure tutti e tre indici di come la tigre asiatica per eccellenza sia ben lontana dall’aver perso il fiato come afferma qualcuno e stia anzi continuando a correre.
Ieri il Governo di Pechino ha fatto sapere che il numero complessivo di utenze di telefonia mobile in Cina ha superato a giugno quota 601 milioni : numeri da sballo, naturalmente, che non sono solo dovuti al fatto che la popolazione cinese è ampia, ma sono soprattutto espressione di una ricchezza che cresce sebbene in modo frastagliato sul territorio e nelle diverse fasce sociali. Se vi sono ancora centri cinesi nei quali i cellulari sono concepiti da gran parte della popolazione come un nuovo strumento per lo sviluppo e le opportunità commerciali, nelle grandi metropoli della Cina industriale i telefonini sono indispensabili compagni di viaggio, esattamente come accade in Occidente.
A colpire c’è anche il fatto che in un solo mese, a giugno appunto, i nuovi utenti di telefonia mobile cinesi siano stati 8,63 milioni, con una crescita dall’inizio dell’anno di 53,5 milioni di utenti. Certo, sono cifre che il Governo e l’operatore di stato China Mobile diffondono anche per dimostrare la vitalità dell’economia locale, ma fanno parte di una sorta di corsa agli armamenti tecnologici in cui i concorrenti sono due: Cina e India. In India le cifre di maggio parlano di 8,62 milioni di nuovi utenti in un mese, con un totale di utenti ora giunto a quota 277,9 milioni.
Una corsa che è specchio della crescita economica e delle sue velocità di sviluppo. A febbraio 2006 in Cina erano registrati 400 milioni di utenti, 500 milioni a giugno 2007 e a giugno 2008, appunto, 600 milioni. Una crescita veloce, anzi sempre più veloce.
Proprio come in occidente, la diffusione dei telefonini in Cina è considerata l’avanguardia della diffusione delle nuove tecnologie tra la popolazione, tecnologie che stimolano la nascita di nuovi comparti industriali e la crescita di quelli esistenti. Si stima che nel secondo trimestre del 2008 i fondi di capital venture cinesi e misti (a capitale cinese e straniero) abbiano avuto a disposizione l’equivalente di 3 miliardi di dollari da investire , e che almeno 1,2 di questi miliardi siano andati o andranno a progetti locali.
Metà di questi soldi sono destinati a finanziare società dell’Information Technology e, stando agli esperti, sono fondi che vengono sempre più spesso messi nelle mani di imprese che si trovano già sul mercato e che hanno bisogno di capitali per crescere ed affermarsi, con un focus che è meno centrato sulle start-up tecnologiche rispetto a quanto accada in altri paesi.
Tutto bene dunque? Non proprio. I più vivaci comparti industriali cinesi hanno iniziato a percepire la riduzione della domanda internazionale, con un calo complessivo delle esportazioni, in uno scenario che colpisce tutti ma che, con l’aumento del petrolio, colpisce soprattutto chi ha sempre fatto dei prezzi bassissimi il proprio marchio di fabbrica. Una contrazione che potrebbe vedere questo rallentamento protrarsi ancora per due anni . Eppure, proprio come ci si attende che i guai dell’economia statunitense siano superati senza troppe difficoltà dalle grandi imprese dell’IT , e forse solo da queste, la Cina ha oggi molti più strumenti di altri paesi per non rinunciare alla crescita, ed è anche questo un segno per molti versi nuovo dell’economia cinese, dove l’IT, la domanda di IT e le esportazioni di IT si spostano sempre più verso il centro vitale del sistema economico.
Inutile chiedersi se la Cina crescerà a due cifre o ad una soltanto . Più sensato chiedersi quanto a lungo potrà continuare a farlo, se potrà reggere non tanto la contrazione economica, non tanto la crescita dei prezzi petroliferi, la vera domanda è quanto a lungo la soppressione costante dei diritti civili, l’incosciente sfruttamento del territorio e delle risorse naturali, la diseguale distribuzione della ricchezza possano reggere, quanto a lungo Pechino riuscirà a far girare le sue macchine prima di dover fare i conti con il prezzo della crescita. L’IT, a quel punto, potrebbe non bastare.
Gilberto Mondi