Nonostante Pechino abbia ufficializzato l’intenzione di non imporre alcun ban alla compravendita di criptovalute come Bitcoin, alcune province del paese si stanno muovendo in modo autonomo su un altro fronte legato alle monete digitali: il mining. Oggi l’attività è stata dichiarata fuorilegge nel Qinghai.
Un altro giro di vite per il mining in Cina
Un giro di vite era già stato applicato anche nello Xinjiang e nella Mongolia Interna. Il motivo è sempre lo stesso, l’enorme consumo di energia da parte dei calcolatori delegati alle operazioni e le conseguenti emissioni nocive per l’ambiente. A rendere nota la misura un documento emanato dal Qinghai Industry and Information Technology Department. La sospensione è immediata.
China’s Qinghai Province issued a document to stop virtual currency mining operations:
1. Stop approving and setting new virtual currency mining projects. Suspend all existing mining operations.#Bitcoin #bitcoinmining #cryptocurrencies pic.twitter.com/3Gg9jJOjWB
— Gwei Research (@btcinchina) June 9, 2021
Lo stop ha inoltre l’obiettivo dichiarato di scongiurare qualsiasi rischio per la stabilità finanziaria del territorio, ostacolando di fatto la diffusione delle crypto. Una presa di posizione diametralmente opposta rispetto a quella registrata a 14.000 chilometri di distanza, con El Salvador che proprio oggi ha ufficializzato l’adozione di Bitcoin come moneta legale al pari del dollaro statunitense. Il Paraguay potrebbe fare altrettanto affiancandolo al guaraní.
Quella del Qinghai è una delle aree economicamente meno sviluppate del paese e con una bassa densità di popolazione. Il suo PIL costituisce lo 0,3% di quello complessivo. Le principali fonti di ricchezza sono legate all’industria dell’acciaio e all’estrazione di petrolio.