Nella giornata di ieri è entrata in vigore in Cina una nuova legge che obbliga i richiedenti di una scheda SIM a sottoporsi a una scansione del volto da impiegare poi per il riconoscimento facciale, una pratica sempre più diffusa nel paese asiatico. Per sottoscrivere un nuovo contratto con un operatore mobile non sarà dunque più sufficiente fornire un documento d’identità.
La tua faccia per una SIM: accade in Cina
Da Pechino giungono rassicurazioni su quali siano le motivazioni di una tale scelta: “proteggere i diritti e gli interessi dei cittadini nel cyberspazio, così come impedire il furto d’identità e la rivendita non autorizzata delle schede”. Una dichiarazione in ogni caso non sufficiente per sgombrare il campo da dubbi e timori legati alle implicazioni per la privacy.
In Cina l’utilizzo del riconoscimento facciale e più in generale dell’intelligenza artificiale ai fini della sorveglianza (ne abbiamo scritto più volte anche su queste pagine) è cosa sempre più comune. Se da un lato la tecnologia torna utile per velocizzare e semplificare servizi e attività come i pagamenti o l’accesso alle location (concerti, spettacoli, aeroporti ecc.), dall’altro c’è chi teme possa essere impiegato per esercitare un controllo eccessivo e quasi distopico nei confronti della popolazione, in particolare di quelle minoranze etniche (gli uiguri di fede islamica su tutti) più volte e da tempo prese di mira nel territorio.
La questione non tiene però banco solo in Oriente. Anche l’Europa si è interrogata nei mesi scorsi sull’esigenza di introdurre dei paletti a pratiche di questo tipo, nel tentativo di mantenere la tutela della privacy una inviolabile priorità.