I dati raccolti dalla FAPAV in collaborazione con IPSOS riguardo la pirateria dell’audiovisivo in Italia sono molto interessanti: una cosa simile da noi non è mai stata fatta. Ma vanno letti con attenzione e soprattutto tenendo a mente la metodologia utilizzata. Il criterio applicato, cioè quello delle interviste domiciliari (fatte di casa in casa e non al telefono), è infatti più affidabile di altri. Ma la confessione di quello che è un atteggiamento percepito come erroneo (oltre che un reato non sanzionato) può rivelare dei problemi che infatti sembra di intravedere.
Di certo però ci sono i numeri. Il 32% del campione di 2000 individui intervistati si è dichiarato in qualche modo pirata , sia per i file scaricati dalla rete (21% del totale), che per i DVD comprati sulle bancarelle (17%) o per la cosiddetta pirateria indiretta (24%), vale a dire i film pirata visti o prestati da amici. In più ognuno ha dichiarato di aver esercitato almeno una volta tutte e tre le forme di pirateria.
Il pirata online inoltre è generalmente giovane (tra i 15 e i 24 anni), ha un diploma di scuola media superiore e sta studiando, vive nel nord-ovest ed è un forte utilizzatore di tecnologia. Diversamente invece il pirata fisico ha almeno 33 anni, generalmente vive al sud, ha un diploma di scuola media inferiore, è sposato ed ha un lavoro impiegatizio.
Certo, a dominare sempre di più è Internet: la pirateria fisica è in calo e quella digitale in aumento. Nonostante rimangano la forma più praticata di reperimento di contenuti online, anche il peer to peer e il download sono in calo a favore dello streaming . Ad oggi il 20% vede film illegalmente scaricandoli mentre il 3,8% solo li guarda in streaming, ma tutti concordano sulla possibilità che in futuro i numeri si invertano.
I film in questione sono soprattutto di prima visione , almeno nel 60% dei casi (e il 20% di questi non è ancora al cinema), mentre un sorprendente 30% è costituito da titoli più vecchi. Tutti comunque (96%) sono in lingua italiana. Il pirata sarebbe più raffinato nelle sue esigenze di quanto non lo si dipinga, tanto che solo nel 10% dei casi è insoddisfatto del livello qualitativo di ciò che trova, mentre nel caso di pirateria fisica lo è nel 30% dei casi. Forse è anche questa ricerca e questa “professionalità” nell’offerta ad indurre il pirata a non percepire l’illegalità di ciò che fa. Il 60% infatti sa bene che è reato ma poi non lo percepisce come tale : anche i non pirati non lo percepiscono come tale e non condannano chi, diversamente da loro, vede film illegalmente.
Il discorso però si fa purtroppo più ostico nel momento in cui vengono illustrati i dati qualitativi, quelli cioè derivati da interviste in profondità e finalizzati a comprendere le abitudini del pirata e il suo modo di vedere il cinema. Più ostico perché il ritratto finale non collima molto con quanto siamo abituati a vedere, con i pirati che conosciamo e con la logica dell’atto. La metodologia seguita in questo caso è stata quella dei focus group (cioè delle interviste collettive di diverse tipologie che vadano più a fondo) con teenager, bambini e adulti. Cosa che ha lasciato fuori la fascia 20-30 anni, una delle più coinvolte, a detta dei dati stessi.
Il risultato è che per il pirata il PC è “il fulcro attorno al quale gravita gran parte del proprio tempo libero, una chiave di accesso al mondo, molto investita emotivamente con cui sta spessissimo in stretta connessione” e il film è “un contenuto da consumare subito e in quantità, la visione perde la cornice di riferimento e qualsiasi argine andando in deroga sulla qualità audiovideo senza problemi. La visione avviene soprattutto a casa e sul PC come riempitivo di tempi morti”.
Il non pirata (non c’è un nome che lo identifichi se non in relazione ai pirati) vede il PC come “un’opportunità tra le altre, un canale di comunicazione e di divertimento ma non totalizzante del proprio tempo libero e dei propri interessi” e il film è “intrattenimento ma anche un oggetto dal valore culturale distintivo e la visione è caratterizzata da una precisa ritualità peculiare dunque la qualità è un prerequisito. La visione avviene soprattutto al cinema e quando è domestica se ne salvaguarda la specificità”.
Ciò che non sembra tornare è innazitutto il discorso sulla qualità. Il pirata sarebbe noncurante della qualità perché consuma e non vede film, ma poi nella parte quantitativa della ricerca si spiega come in realtà giudichino soddisfacente la qualità delle copie pirata (che in effetti spesso è alta). Oltre a questo poi è strano come il pirata sembri meno interessato al cinema sebbene veda più film del non pirata (perché oltre alle copie illegali va anche al cinema) e poco acculturato, quando i dati lo identificano come dotato di diploma di maturità e studente universitario.
Inoltre durante la presentazione dei dati sono stati mostrati anche delle inquietanti illustrazioni, che per motivi di privacy non sono stati diffusi alla stampa ma che avevano un ruolo che è apparso, forse, in fondo non troppo diverso da quello del plastico nelle ricostruzioni televisive dell’omicidio di Cogne. Era stato infatti chiesto a dei bambini probabilmente di età inferiore ai 13 anni di disegnare “la visione di un film”.
I disegni dei bambini che piratano o che hanno confidenza con la pirateria erano piccolissimi in fogli grandi e senza colori! Li ritraevano piccoli rispetto al resto ed erano sostanzialmente privi di qualsiasi stimolo. In due parole: tristi e raggelanti. Al contrario i disegni dei bambini estranei alla pirateria erano grandi, giocosi, fantasiosi, colorati e pieni di idee. Lecito interrogarsi su quanto si sia cercato di comunicare con questo tipo di rilevazione. Sembrerebbe che i bambini che seguono tutte le regole siano più fantasiosi e creativi di quelli che invece agiscono al di fuori dagli schemi imposti dalle autorità. Che dunque chi pirata poi sia grigio dentro . Il messaggio accluso a questa esposizione è apparso esplicito: un augurio che i nostri bambini non siano come quelli che piratano. È stato anche detto che la pirateria ha sottratto al cinema un volume d’affari per quasi 600 milioni di euro . Una cifra calcolata chiedendo ad ogni intervistato cosa avrebbe fatto se non avesse trovato l’ultimo film che ha piratato. A seconda del tipo di risposta (“Sarei andato al cinema”, “l’avrei noleggiato”, “l’avrei cercato in tv” oppure “niente”) sono stati valutati i soldi persi del noleggio o dei biglietti e poi si sono moltiplicati questi dati per tutti i film piratati. Un dato presentato come ufficiale, ma che poi il presidente della FAPAV Filippo Roviglioni, interpellato sulla questione, ha commentato come “Non è preciso ma grosso modo i soldi sono quelli”.
Non è stata poi fatta menzione del fatto che secondo i dati Cinetel (che è l’organo ufficiale di rilevazione) dal 2003 ad oggi i biglietti staccati sono aumentati e non diminuiti. Mai, nemmeno un anno (l’unica eccezione è stato il passaggio 2007/2008, ma in quel caso, lo dicono gli addetti ai lavori, il calo è stato dovuto al fatto che il 2007 sia stato un anno eccezionale per numero di blockbuster usciti) e allo stesso modo dal 2003 ad oggi le vendite di DVD sono aumentate sempre di anno in anno (dati Univideo). L’unica cosa che è calata (vertiginosamente) è stato il noleggio. Il pirata dunque va anche al cinema e compra i DVD , pure di più che in passato. Cioè, come è normale che sia, più vede film più si appassiona al cinema. Interpellato sulla questione, sempre Filippo Roviglioni ha sostenuto che non sia vero che i biglietti sono aumentati. Informato sulle fonti dei dati ha dichiarato che “Qui si fa un discorso più in generale, in Italia c’è una legge che va fatta rispettare”.
C’è stato infine anche spazio per ipotizzare dei possibili rimedi. La FAPAV ha spiegato come la ricerca sia stata fatta per essere uno strumento utile nelle mani del governo, sperando che anche grazie alla commissione da poco attiva si possa giungere ad un rimedio. FAPAV suggerisce una strada decisa sul modello francese. A tal proposito Roviglioni ha raccontato anche dei primi timidi tentativi mossi dalla Federazione: “Un mese fa con un software trovammo un certo numero di persone che scaricavano film e musica. Andammo dal magistrato molto contenti, con nome e cognome, il magistrato ci chiese come li avevamo ottenuti e visto che ovviamente i pirati in questione non erano consenzienti ci disse che rischiavamo di essere inquisiti per violazione della privacy. Siamo andati allora a parlare con il numero due in materia di privacy che ci ha detto solamente come condivida il nostro senso di impotenza e frustrazione”.
Nella stessa direzione si è pronunciato il sottosegretario alle comunicazioni Paolo Romani: “Noi in Europa siamo vicini alla posizione francese e al momento l’unico dubbio che abbiamo è solamente se agire prima o dopo l’intervento della magistratura”. Si è insomma parlato di “mettere un filtro a questi siti” (sic!) fino a che non sono entrati nella discussione alcuni registi e produttori cinematografici intervenuti alla presentazione, i quali si sono dimostrati di opinione diversa, proponendo in alcuni casi di impugnare soluzioni che sembrano accordarsi meglio all’andamento del mercato.
È stato Paolo Virzì il primo a prendere la parola con una certa verve, difendendo la propria categoria (poi, a presentazione finita ha anche candidamente ammesso di aver calcato la mano perché poi lui è in prima persona è un regista e proprio per questo gli spetta decidere di queste cose). Ha lanciato una forte accusa agli ISP, che ritiene i veri colpevoli: “Un ragazzino paga 50 euro al mese per una connessione a banda larga e quelli sono soldi rubati al cinema!”. Il regista di Tutta La Vita Davanti propone di combattere la pirateria senza perseguire chi scarica ma con un’ alternativa legale migliore : “Dobbiamo essere noi a mettere online i film di un anno fa, in ottima qualità, pieni di extra e di cose ganze! E devono costare poco, 50 centesimi o un euro”.
Ripresa la parola, Roviglioni ha tenuto a prendere le distanze dall’attacco agli ISP e anche dal rimedio giudicato forse appropriato ma comunque in questo momento poco efficace: lo scopo principale sarebbe quello di lottare contro la pirateria.
Anche l’intervento seguente però è andato nella direzione di quello di Virzì, anzi anche più in là, con una proposta ancora più interessante, quella di Enrico Vanzina . Si è espresso a favore dell’ azzeramento della finestra distributiva : “Andiamo al cinema, in dvd, in tv e in rete con un film nello stesso momento poi ognuno sceglie come vederlo”. Un’idea che ronza da tempo e che in sostanza dà ai pirati esattamente ciò che già hanno ma meglio e ad un prezzo contenuto.
Anche i produttori, rappresentati da Riccardo Tozzi di Cattleya ( Mio Fratello È Figlio Unico , Solo Un Padre ), si sono detti più che favorevoli a mettere in piedi un’alternativa legale a prezzi modici: “Con i volumi di Internet che volete che ci voglia a farli costare poco?”.
Viene da chiedersi dove sia il problema se tutti i produttori di contenuti sono d’accordo. Viene allora in aiuto Warner che fa sapere come si stia già muovendo e molto per la vendita e il noleggio online . Tuttavia i negozi oggi presenti nella rete italiana non accettano sempre di mettere i loro film e di metterli a prezzi contenuti perché mancano le altre case di produzione . L’utente, dicono i venditori, non ha cognizione di quale film appartiene a quale casa e se viene e non trova ciò che cerca pensa semplicemente che il sito non abbia una buona offerta. E magari non torna più.
Gabriele Niola
Il blog di G.N.
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