Nelle ultime ore Twitter è stato al centro di una interessante vicenda attorniata da non poca confusione, relativa alla possibilità di utilizzo del brand: una bagarre legata alla legittimità d’uso del termine “tweet”, che ha richiesto l’intervento chiarificatore del co-fondatore Biz Stone, secondo il quale è possibile utilizzare tale parola nei propri progetti, purché non risultino dei meri cloni che danneggino l’immagine dell’azienda.
Il tutto è iniziato con uno scambio di email tra uno sviluppatore e un membro del team API del servizio di microblogging: in particolar modo, lo sviluppatore si è visto negare il via libera alla creazione dell’applicazione poiché la sua opera “non solo utilizza un termine depositato, ovvero tweet , ma anche e soprattutto poiché presenta una GUI del tutto simile a quella originale”.
L’intera storia è stata ripresa da TechCrunch che, seppur rendendo chiaro come in questo caso il motivo di rifiuto sia attribuibile in maggior parte alla somiglianza dell’interfaccia, ha tentato di sondare il terreno per quanto concerne la legittimità dell’utilizzo della parola “tweet”, regolarmente registrata a nome dell’azienda lo scorso 16 aprile.
Interrogata in merito alla vicenda, l’azienda ha risposto tramite Biz Stone, secondo il quale “Twitter incoraggia gli sviluppatori di nuove applicazioni che utilizzano le API fornite da Twitter a realizzare prodotti ed idee originali piuttosto che utilizzare i nostri marchi, o il look and feel di Twitter”. Per ovviare a questo inconveniente, l’azienda starebbe pensando di introdurre alcune linee guida utili a risolvere eventuali conflitti o problemi.
Comunque, quanto dichiarato da Twitter non sembra risolvere la questione, che da qualcuno è stata vista come una possibile minaccia per chi dovesse abusare della proprietà intellettuale dell’azienda. Per chiarificare anche questo aspetto, Twitter ha specificato il suo pensiero in un post sul suo blog ufficiale, nel quale spiega che “non vi è alcuna intenzione di perseguire le applicazioni che includeranno tali termini”. “Comunque – si precisa – in presenza di progetti poco chiari o dannosi per la nostra azienda saremo costretti a difendere sia noi che i nostri utenti, dal momento che Twitter è il nome su cui si basa l’intero brand”.
Il che vale a dire che la registrazione del termine “tweet” è stata necessaria onde evitare che chiunque possa abusare della popolarità e dell’hype che ruota intorno all’intero sistema. Utilizzare la parola “tweet” nei propri progetti non comporta alcun rischio, purché sia fatto con consapevolezza ed intelligenza: questo in sintesi il pensiero di Stone e soci. Sulla vicenda, che per molti versi ricorda la battaglia intrapresa da Apple nei riguardi del termine ” pod “, si attendono ulteriori delucidazioni, disponibili forse quanto le direttive accennate da Stone saranno rese note ad utenti e sviluppatori.
Vincenzo Gentile