Tempi duri per le aziende cinesi che operano nel settore ITC, accusate da più parti di condurre i proprio affari in maniera poco trasparente: Cisco ha deciso di interrompere le relazioni di business con ZTE, dopo aver appreso che quest’ultimo avrebbe venduto all’Iran prodotti tecnologici rilasciati dalla stessa multinazionale statunitense.
Come rilevato Oltreoceano, sembra che la mossa compiuta dal gigante del networking sia una conseguenza piuttosto diretta del deciso giro di vite intrapreso dalla Casa Bianca in risposta alle potenziali minacce di cyberspionaggio provenienti da paesi poco inclini al rispetto della democrazia.
Secondo quanto riportato da Reuters , l’indagine avviata da Cisco segue alcune indiscrezioni relative alla vendita non autorizzata di apparecchiature informatiche di provenienza statunitense da parte di ZTE alla più grande società di telecomunicazioni iraniana . La multinazionale cinese, inoltre, avrebbe convenuto per la spedizione di ulteriori prodotti hi-tech made in USA , tra cui apparecchi di Cisco, a una unità del consorzio che controlla lo stesso destinatario iraniano. Operazioni, queste, che hanno attivato le indagini approfondite di Washington insieme a un’incriminazione da parte dell’FBI.
In risposta alle decisione di Cisco di interrompere qualsiasi rapporto commerciale, David Dai Shu, portavoce di ZTE, ha spiegato che l’azienda è fortemente sensibile alle preoccupazioni sulla sicurezza e che intende cooperare attivamente con il governo degli Stati Uniti in merito al caso iraniano. Da parte sua, la telco statunitense conferma di non aver più alcun tipo di rapporto con l’ormai ex partner cinese .
L’interruzione della salda partnership settennale con ZTE pare dunque rispondere a una logica di convenienza volta a non interferire, o peggio ostacolare, la politica di contrasto al cyberspionaggio condotta dalla Casa Bianca. La stessa Cisco, peraltro, è stata accusata , in passato, di aver fornito al governo cinese un meccanismo di sorveglianza noto come Golden Shield, sfruttato fra l’altro da Pechino per individuare gli esponenti dei movimenti d’opposizione.
Cristina Sciannamblo