Prima i cittadini: le città temono la deriva Airbnb

Prima i cittadini: le città temono la deriva Airbnb

Alcune grandi città europee hanno inviato una missiva alle autorità europee per chiedere protezione rispetto a Airbnb e servizi similari.
Prima i cittadini: le città temono la deriva Airbnb
Alcune grandi città europee hanno inviato una missiva alle autorità europee per chiedere protezione rispetto a Airbnb e servizi similari.

Il sito ufficiale della città di Amsterdam ha pubblicato una lettera congiunta con cui alcune delle maggiori città europee invocano l’intervento delle autorità comunitarie per regolamentare le attività di servizi come Airbnb. Dietro questa richiesta, oltre alla firma della città olandese, vi sarebbero le amministrazioni locali di Barcellona, ​​Berlino, Bordeaux, Brussels, Cracovia, Monaco,Parigi (che con Airbnb ha già pesanti precedenti), Valencia e Vienna: nessuna città italiana all’appello, insomma, ma l’intera comunità europea è tirata in ballo da un appello che ha chiara vocazione continentale.

Proteggeteci da Airbnb

La richiesta portata avanti è estremamente seria nella misura in cui non è contraria ad Airbnb in sé, quanto alla mancanza di interazioni e trasparenza nei confronti delle amministrazioni locali. Per capire la missiva occorre inquadrarla nell’attuale stadio evolutivo delle maggiori città europee, tenendo inoltre conto del fatto che le pressioni fin qui esercitate dall’UE su Airbnb erano relative a questioni ben differenti.

Tutte le proiezioni indicano come crescente il numero delle metropoli in Europa entro i prossimi tre decenni: i grandi centri urbani sono destinati a lievitare ulteriormente, fagocitando i centri abitati più vicini ed aumentando ulteriormente la densità abitativa nelle zone centrali. Questo comporta gravi problemi sotto molti punti di vista: dall’urbanistica allo smaltimento rifiuti, passando per la mobilità e la gestione degli spostamenti tra le aree abitative e quelle lavorative. A poco serve ragionare di smart city e innovazioni simili se non si ha però il controllo del territorio, e questo è ciò che temono le città: l’emergere di fenomeni quali Airbnb, che in molti casi offrono maggior redditività rispetto ad una normale locazione, rischiano di snaturare il concetto di “casa” trasformando i centri urbani da zone abitate a dormitori di ispirazione turistica.

Le case di cui hanno bisogno i residenti che vivono e lavorano nelle nostre città, saranno sempre di più considerate come un mercato per l’affitto ai turisti.

Il problema è che un residente ed un turista hanno abitudini, necessità e caratteristiche ben differenti: come può una realtà municipale crescere in modo equilibrato se non sa (e non può sapere) quali sono i suoi “abitanti” giorno dopo giorno? Di qui l’appello delle grandi città alle istituzioni europee: la richiesta è quella di non essere lasciate sole e soprattutto di non lasciare carta bianca ai servizi à-la-Airbnb.

Le città devono tutelare l’interesse pubblico ed eliminare gli effetti collaterali degli affitti di breve periodo

Non viene chiesto espressamente di limitare Airbnb, ma si chiede piuttosto alle autorità di costringere i servizi delle Big Tech a condividere i propri dati, (ancora una volta, come con Libra e altri fenomeni, data-ownership e data-sharing rappresentano concetti centrali per lo sviluppo futuro) affinché le autorità municipali possano lavorare nell’interesse delle città e le autorità europee possano comprendere l’impatto che questi fenomeni stanno avendo in questi anni. L’emergenza abitativa è sempre più intensa, ma al tempo stesso sempre più abitazioni vengono dedicate ai servizi per il turista invece che ai residenti in loco: che siano limiti annui nelle possibilità di affitto, che sia una differente tassazione, che sia un semplice obbligo di trasparenza, in ogni caso le città vogliono tornare ad avere il timone in mano per poter consentire uno sviluppo più omogeneo dei propri centri abitati.

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Pubblicato il
24 giu 2019
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