Il segretario di Stato USA Hillary Clinton ha affrontato la questione dello scontro Google-Cina durante un discorso tenuto a Washington, incentrato sul più vasto tema della censura applicata ad Internet: una sorta di monito per annunciare la volontà di adottare misure atte ad aiutare le persone che negli altri paesi subiscono una limitazione della propria libertà in Rete, e per dar valenza (e conseguenze) internazionali ai cyberattacchi subiti da Stati o individui.
“Libertà in Internet non riguarda solo la libertà di espressione, ma il mondo in cui viviamo: la conoscenza in comune non deve dipendere dal paese in cui si vive” ha dichiarato Alec Ross, il suo consigliere per l’innovazione.
“Dobbiamo creare un mondo in cui l’accesso alle reti e alle informazioni renda le persone più vicine e allarghi la nostra concezione di comunità”, ha poi affermato Clinton. Si è espressa esplicitamente sul caso Google-Cina : “Ci aspettiamo che le autorità cinesi effettuino tutte le indagini necessarie a far luce sul cyberattacco che ha suscitato l’annuncio di Google e che lo facciano in maniera trasparente”. Il discorso, però, è andato oltre al singolo avvenimento.
La necessità di garantire la libertà di espressione attraverso mezzi come Twitter e Facebook – ha ricordato Clinton – si è già dimostrata in situazioni di crisi come quelle conseguenti alle violenze del dopo-elezioni in Iran: “La libertà di connettersi non è altro che la libertà di assemblea nel cyberspazio e permette agli individui di andare online, unirsi e – ottimisticamente – cooperare in nome del progresso”. A tal proposito ha annunciato uno stanziamento di 15 milioni di dollari per incrementare la partecipazione ai nuovi media della società civile del Medio Oriente e del Nord Africa.
Nel suo discorso, Clinton ha toccato anche le tecnologie atte ad aggirare le misure di controllo e di censura, che possono essere considerate diversamente quando si tratta di aiutare persone straniere a sconfiggere governi oppressivi. D’altronde il blocco delle connessioni adottato dal Governo del Vietnam, la censura di almeno 30 blogger da parte dell’Egitto o la sistematica censura di Uzbekistan, Tunisia o Cina, hanno effetti ancora da verificare sui diritti umani, cioè su una parte fondamentale del diritto internazionale, ha precisato.
I cyberattacchi contro individui o paesi “dovrebbero avere conseguenze e condanne internazionali”. Rafforzare questo concetto permetterebbe di “creare norme di comportamento tra gli Stati e incoraggiare il rispetto dei principi comuni della Rete globale”. Clinton è arrivata anche a parlare di “cinque libertà fondamentali dell’era di Internet: parola, culto online, connessione, libertà dalla paura dei cyberattacchi e la libertà del volere , intesa come liberazione dalle sofferenze”.
Claudio Tamburrino