L’Europa chiama, l’Italia risponde. Alla dichiarazione d’intenti sulla strategia digitale per il vecchio continente messa nero su bianco nei giorni scorsi da Bruxelles fa seguito l’intervento odierno firmato a sei mani da Paolo de Rosa, Luca Attias e Francesco Paorici. Due le parole ricorrenti, ripetute come un mantra: la prima è infrastrutture, la seconda è cloud.
La strategia italiana per la PA nel cloud
La volontà è quella di recepire le indicazioni della Commissione Europea e continuare a percorrere una strada nella direzione di alcuni obiettivi ben precisi: una più attenta gestione dei dati indipendente dalle dinamiche imposte da realtà non-UE e pienamente conforme a normative come GDPR, favorire l’innovazione e lo sviluppo di una nuova economia, garantire l’indipendenza tecnologica degli stati membri e dei loro cittadini, introdurre misure atte a rafforzare sicurezza e autonomia. Target ben sintetizzati dai punti riportati in apertura del post:
- rendere moderni ed efficienti i servizi pubblici digitali;
- razionalizzare le risorse con benefici in termini di risparmio per le casse pubbliche;
- mantenere i dati al sicuro ed entro i confini nazionali;
- ridurre l’impatto sull’ambiente in conseguenza all’impiego di data center efficienti.
Meno data center, più efficienza
Partendo proprio dal cloud, AgID (Agenzia per l’Italia digitale) stima che nel paese al momento siano operativi circa 11.000 data center di varie dimensioni, gestiti da 22.000 pubbliche amministrazioni. I numeri sono quelli emersi nel censimento condotto su indicazione del Piano Triennale per l’Informatica. Facilmente immaginabili le conseguenze: spreco di risorse e sicurezza delle informazioni talvolta discutibile. L’intento è quello di dismettere progressivamente quelli obsoleti o inadeguati, arrivando a ridurre il numero in modo esponenziale.
Non sarà cosa semplice. L’azione necessaria andrà configurata partendo da una distinzione tra le infrastrutture dedite a servizi strategici come mobilità, energie o telecomunicazioni e quelle che invece sono delegate alle operazioni più comuni erogate dalle PA, direttamente al cittadino o attraverso gli enti locali. Mentre per queste ultime sarà possibile ricorrere al programma Cloud della PA, le prime finiranno sotto il controllo del Polo Strategico Nazionale così descritto.
Si tratta di un soggetto giuridico controllato dallo Stato che avrà a disposizione un numero ridotto di data center nazionali, su cui farà convogliare tutte le infrastrutture che oggi gestiscono i servizi strategici delle Pubbliche Amministrazioni centrali.
Al PSN il compito di gestire in modo diretto i servizi garantendo il rispetto dei più elevati standard di sicurezza fisica e informatica nonché la massima qualità del servizio, senza dimenticare gli aspetti riguardanti ottimizzazione dei consumi e dei costi.
Razionalizzazione e migrazione
Gli altri due termini ricorrenti nell’intervento sono razionalizzazione e migrazione. Il percorso non può che passare da questi processi e ruotare attorno a questi principi. Non si commetta però l’errore di pensare sia questione prettamente tecnica o tecnologica: il fattore culturale non dovrà e non potrà essere trascurato, specialmente considerando che si parla di un ambito, quello della PA, nel nostro paese storicamente poco incline al cambiamento.
Piuttosto è un processo culturale, di valutazione, riprogettazione e ripensamento di alcuni servizi, che possono essere dismessi, “migrati” o semplicemente “esternalizzati” ad aziende che forniscono soluzioni pronte per l’uso.
È in questa fase che nasceranno opportunità per startup e player del mercato affermati, chiamati a fornire il loro contributo e le loro competenze in un cammino che l’Italia non può (e non vuole) percorrere da sola.